Brava gente

Pubblicizzare adeguatamente il prodotto artigianale italiano può costituire una forte attrattiva turistica

L’assalto ai supermercati non può essere liquidato come un sorprendente fatto di cronaca dovuto all’ondata di panico nello scenario dell’epidemia.

Nel quadro degli eventi di questi giorni tra i diversi necessari ed urgenti interventi per evitare conseguenze troppo gravi per l’economia nazionale è necessario anche esaminare quel delicato e complesso settore del mercato dei prodotti alimentari. Giunti a questo punto della rappresentazione dello scenario sembra quasi doveroso formulare alcune proposte concrete.

Appare innanzitutto necessario prendere atto che il mercato del cibo non è più una realtà monolitica. Una società frammentata, con profonde differenziazioni di idee, di aspirazioni, di sogni, non può avere gusti compatti, univoci, indifferenziati a proposito del cibo, cui fa riscontro una domanda altrettanto differenziata quanto a qualità, prezzo, caratteristiche. A ritenere che sia ancora possibile in un mercato caratterizzato da prodotti alimentari tutti collocabili in una stessa fascia e differenziati solo dalla catena distributiva e dal prezzo significa chiudere gli occhi dinanzi alla realtà.

Esistono, e in futuro sarà sempre più evidente, mercati che tendono a differenziarsi in funzione delle caratteristiche produttive di ciò che viene offerto al consumatore, sempre più emerge la tendenza da parte di chi acquista cibo a conoscere quanto più possibile le caratteristiche di ciò che acquista anche a tutela della propria salute. Il cibo prodotto da artigiani, secondo regole e materie prime tradizionali, ha un proprio spazio di mercato: non riesce a prenderne possesso in quanto le norme in vigore non consentono al produttore di porre in evidenza le caratteristiche del processo produttivo adottato: è una verità indiscutibile, attestata tra l’altro dalle norme emanate per alcuni settori merceologici in cui maggiore era l’urgenza di provvedere a questo proposito, come nel caso della birra.

Gli artigiani del cibo sono una risorsa per il nostro paese. Photo credit: Luisb by Pixabay

La profonda crisi economica che sta attraversando il nostro paese anche ma non solo a causa della recente epidemia di coronavirus esige una risposta rapida ed adeguata non solo in termini di investimenti e di sostegno finanziario, ma anche a proposito del quadro normativo di riferimento.

Tra i tanti problemi che si pongono a questo riguardo, dalla rapidità della giustizia alla informatizzazione dell’amministrazione pubblica, vi è anche quello di una profonda revisione della legge sull’artigianato che, facendo salve le competenze regionali in materia, consenta la identificazione del prodotto artigiano anche in base al processo produttivo adottato, consentendo alla impresa artigiana di sopravvivere ad una crisi che ne sta minando le fondamenta.

È una speranza che non può essere ignorata, specie se si tiene conto degli effetti positivi che potrebbero derivare per il turismo, messo in ginocchio dall’epidemia: una adeguata pubblicizzazione del prodotto artigianale italiano garantito come tale può costituire anche una forte attrattiva turistica. O preferiamo ancora essere il paese delle merendine?

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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