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Punto di vista sulle saghe di AT&T e Warner

La notizia rimbomba ancora in tutto il mondo dei media come una sorta di commedia degli errori shakespeariana. Discovery, societá di canali televisivi tematici, pagherá alla societá telefonica AT&T 43 miliardi di dollari per acquistare il 29% di WarnerMedia, studio di Hollywood. Il presidente e AD di Discovery, David Zaslav, dirigerà il gruppo, che alcuni ipotizzano si chiamerà WarnerDiscovery (poiché DiscoverWarner suonerebbe un pó comico). La nuova entità si accollerá 55 miliardi di dollari di debiti della WarnerMedia. AT&T riterrá il 71% del nuovo gruppo.

Ricordo quando nel 1985 visitavo il quartier generale di Discovery Channel a Bethesda, nel Maryland, per incontrarne il fondatore John Hendricks (poi il quartier generale dell’azienda si è spostato sette chilometri a est, a Silver Spring). Era un’ottima societá con cui avere rapporti per una rivista specializzata come la mia. Questo prima che diventasse Discovery Communications nel 1994 (società quotata in borsa nel 2008).

Anche Scripps Networks, con la sua sede a New York City, era un’ottima societá con cui collaborare. Ad un certo punto nel 2018, Discovery –– diventata una società molto burocratica con un miscuglio di canali di nicchia –– ha rilevato Scripps per 14,6 miliardi di dollari, e come per magia l’entitá combinata é quasi scomparsa dalle fiere televisive, seppur abbia continuato ad aumentare la sua presenza in tutto il mondo con i suoi canali tematici.

Anche Warner Bros. è stata un’ottima societá con cui collaborare prima che diventasse AOL Time Warner nel 2000, e successivamente WarnerMedia. Nel 2010, Jeff Bewkes, diventato presidente di Time Warner nel 2007, ha descritto la fusione con AOL come “il più grande errore nella storia aziendale”. È sufficiente dire che due anni dopo la fusione, AOL Time Warner ha dichiarato perdite di 98 miliardi di dollari. Nel 2009 AOL è stata scorporata da Time Warner, ma da sola ha vacillato e nel 2015 è stata acquistata dalla societá telefonica Verizon per 4,4 miliardi di dollari. Alla fine Verizon non sapeva cosa farsene e il 3 maggio 2021 l’ha venduta insieme a Yahoo (che Verizon aveva acquistato per 4,5 miliardi di dollari nel 2017) ad Apollo Global Management, per un totale di 5 miliardi di dollari.

Anche AT&T una volta era una grande azienda. Un tempo i pensionati americani (come mia zia Yole) investivano i loro risparmi in azioni AT&T per ottenere ottimi dividendi. In seguito, grazie ad una serie di regolamenti “rilassati”, Wall Street ha sostituito Main Street, e gli alti dirigenti delle societá hanno invece smesso di rilassarsi ed hanno cominciato ad agitarsi per improbabili accordi finanziari multimiliardari, come l’acquisizione per 182 miliardi di dollari di Time Warner da parte di AOL.

Per non sbagliare di meno, nel 2015 AT&T acquista la societá TV satellitare DirecTV per 67,1 miliardi di dollari. Seppur i loro dirigenti avessero il know-how per gestire satelliti per le comunicazioni e servizi per i consumatori, non avevano idea di come trattare con Hollywood o di come programmare i canali con degli show televisivi. Dopo aver ceduto il 30% di DirecTV per 7,6 miliardi di dollari al gruppo privato TGP lo scorso febbraio, il presidente e AD di AT&T John Stankey ha sostanzialmente ammesso che l’acquisto di DirecTV è stato un errore. Infatti, DirecTV è ora valutata a $25,3 miliardi, con una perdita per AT&T di 41,8 miliardi di dollari.

A questo punto ci si ritrova con due società: AT&T e TimeWarner, ciascuna con un disastro finanziario alle spalle, quindi quale soluzione migliore se non combinare i loro disastri con un accordo da 109 miliardi di dollari per creare WarnerMedia nel 2018?

Come disse Julia Roberts nel film del 1990 “Pretty Woman”: “avete fatto un grande errore” e Stankey, presidente e AD di AT&T, si é detto d’accordo.

Si arriva quindi a domenica 16 maggio quando il 61-enne Zaslav, affabile presidente di Discovery ed ex dirigente di NBCUniversal, entrato a far parte della famiglia Discovery nel 2007 (che inizia a lavorare alle 4 di mattina e che addirittura risponde alle e-mail –– non di lavoro –– di questo giornalista alle ore 21, e a cui piace giocare a golf per rilassarsi),  é ufficialmente arrivato in soccorso con l’annuncio della fusione, congiuntamente a Stankey. Prontamente, il consiglio di amministrazione di Discovery ha premiato Zaslav estendendo il suo contratto per quattro anni, dal 2023 al 2027 (il suo compenso nel 2020 é stato di 37,7 milioni di dollari). 

É ironico il fatto che l’annuncio della fusione sia avvenuto il giorno dopo che il presidente e AD di WarnerMedia Jason Kilar aveva rilasciato su “The Wall Street Journal” una recensione stellare della strategia di AT&T per il suo reparto. Forse, a 50 anni, Kilar è troppo giovane per ricordare come anche la Telco spagnola Telefonica aveva fallito dopo aver rilevato società di media che includevano la rete Tv argentina Telefe. Come ha recentemente anche riportato Bloomberg, “i media e le telecomunicazioni non sono fatte per fondersi”.

Nel frattempo, AT&T prevede di tagliare i suoi dividendi annuali del 50% e Zaslav ha in programma di ridurre le ridondanze nella società combinata. Questo in aggiunta ai 2.000 dipendenti di WarnerMedia che sono giá stati licenziate da AT&T, inclusi esperti dirigenti di lunga data, tanto da suscitare critiche anche da parte dell’hedge fund Elliott Management, investitore di AT&T.

Quindi quale potrebbe essere il futuro per WarnerMedia-Discovery? Una supposizione logica è che Zaslav posizionerà il nuovo gruppo per un’ulteriore vendita, questa volta ad una società ben capitalizzata in borsa, tipo Netflix, reinventandosi prima grazie allo sfruttamento del vasto (e per lo più poco guardato) catalogo su una moltitudine di canali Tv, poi procurando un importante e necessario studio di produzione, ed infine acquisendo un ulteriori magazzino di contenuti per competere testa a testa con Disney.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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