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Signorile racconta Gianni De Michelis: volevamo un socialismo rivoluzionario ed autonomo

Un’amicizia, un sodalizio quello tra Gianni De Michelis e Claudio Signorile che risale alla loro gioventù, agli inizi del loro impegno politico, un’unione fatta di intenti e di passione comune per la politica. Claudio Signorile mi racconta i loro esordi, il percorso condiviso e l’amicizia che li ha sempre uniti anche quando posizioni politiche diverse li separarono, senza ma scalfire il rapporto umano, la stima e la voglia di ritrovarsi per parlare di socialismo e sinistra.

In un’Italia che ormai non riesce più a vedere la politica come dialettica senza violenza, senza offese e campagne di odio, parliamo di una politica quella della Prima Repubblica fatta di grandi scontri nelle aule parlamentari, nei congressi di partito, ma mai scontri personali, mai accuse gratuite, Claudio e Gianni rimangono leali ed amici anche quando le loro posizioni divergono. Non siamo più abituati a questo stile, a questi comportamenti esemplari costruiti in anni di militanza e di condivisione di ideali e valori, d’altronde neanche questi ultimi sembrano più caratterizzare la politica del nostro Paese. Due giovani universitari, l’uno veneziano e l’altro pugliese, Nord e Sud, quasi coetanei ma con formazioni e vite diverse, si ritrovano sotto la bandiera del socialismo e della sinistra. Si incontrano seguendo le idee di Riccardo Lombardi, credono in un socialismo innovativo, si definiscono riformatori – come mi dice Signorile – non riformisti, nel linguaggio lombardiano si parlava di riforme di struttura, un ragionamento un po’ elitario, un raffinato distinguo con i riformisti.

Signorile con piacere mi descrive la figura dell’amico veneziano e la loro antica amicizia, pone l’accento sugli inizi,  nell’impegno universitario il socialismo dei riformatori era rivoluzionario, aggressivo, impegnato. I luoghi sono l’UGI, la Federazione Giovanile e poi il Partito. Facendo un passo indietro nella storia, Signorile mi racconta della sua amicizia con Gianni e ci tiene a precisare chi erano i socialisti italiani: “I socialisti non erano comunisti ma neanche socialdemocratici, il socialismo italiano aveva una sua specificità particolare, era l’unico partito socialista che aveva rapporti con il mondo comunista, sino alla svolta autonomista, facevamo parte dell’Internazionale Socialista ma anche della Federazione Mondiale della Gioventù Comunista, i socialisti italiani avevano legami e rapporti sia con la socialdemocrazia sia con il mondo comunista. I giovani socialisti degli anni’60, come me e Gianni, si collocavano a sinistra, nel nostro linguaggio non bastava essere riformisti ma era di vitale importanza essere riformatori“.

Il fascino del racconto di un uomo che ha contribuito alla storia del socialismo italiano è come un fiume in piena, ricordare De Michelis è riavvolgere il nastro, rileggere le pagine del libro della propria vita che si intrecciano con quelle della storia di un paese e di un partito politico: “Conosco Gianni in un congresso a Venezia, grande simpatia subito, è due anni più giovane di me, ci ritroviamo e ci identifichiamo nello stesso progetto politico, inizia la nostra collaborazione. De Michelis era una figura importante tra i giovani, aveva carattere e determinazione, io lo candidai alla Presidenza dell’UGI (Unione Goliardica Italiana). L’Ugi era una struttura molto importante da cui veniva fuori la classe dirigente della sinistra, allora era egemonizzata dai radicali e dai comunisti, c’era un’alleanza che aveva messo ai margini la presenza socialista nel mondo universitario, noi con le nostre idee innovative recuperammo terreno. Insieme a Gianni costruimmo una forte presenza socialista nell’UGI, che lo condusse poi alla carica di Presidente”.

Gianni De Michelis e Claudio Signorile

Il socialismo lombardiano cresce tra i giovani, Claudio Signorile diventa segretario della Federazione Giovanile, De Michelis capo dell’Organizzazione e Fabrizio Cicchitto si dedica al giornale dei giovani “La Conquista”.  Signorile continua la narrazione ripetendomi un concetto che fu determinante per sé e De Michelis e tutti gli altri appartenenti alla corrente di pensiero: “Eravamo autonomisti, ma è importante spiegare bene il nostro rapporto con il mondo comunista, la sinistra lombardiana non era anticomunista ma acomunista, non consideravamo i comunisti elemento di riferimento né positivo né negativo, erano un’altra realtà rispetto alla quale il socialismo italiano si presentava con una forte identità e autonomia“.

Tra gli aneddoti e le divagazioni sui diversi significati dei termini politici, sul confronto con ciò che accade oggi, Claudio Signorile mi narra un episodio, che è lo specchio della visione politica di un gruppo compatto di giovani che decisero di credere e di investire nel socialismo: “Dopo l’unificazione con il PSDI, grazie alla macchina organizzativa perfetta di De Michelis, convocai, allora Segretario dei giovani, le 72 sezioni giovanili sparse sul territorio italiano, decidemmo di dimetterci dai nostri incarichi e di iscriverci al partito in blocco, dando così corpo e vigore alla corrente lombardiana già presente nel partito. Continuammo così il nostro sodalizio, il partito aveva bisogno di innovazione e di uscire dai soliti e consolidati schemi, si arriva così al Midas nel 1976. Gianni De Michelis, diventa sempre di più una figura di riferimento, giovane uomo colto e preparato, con la stoffa per diventare un politico dalla grande personalità“.

In cosa eravate diversi dal socialismo esistente, cosa vi distingueva è la domanda che pongo ad un Signorile che si muove nel racconto con grande lucidità e entusiasmo nel dipanare la storia di una generazione che cambiò il socialismo italiano del dopoguerra. “Eravamo giovani, Riccardo Lombardi era molto più grande d’età, c’era più di una generazione tra noi. Giovani sì ma con alle spalle anni di esperienza, di battaglie vinte e perse, di manifestazioni, comizi, congressi, riunioni e dibattiti. Eravamo più maturi della nostra età e credevamo nella progettazione, nella programmazione, nella governabilità, condividevamo con Craxi e la corrente autonomista due concetti comuni: autonomia e alternativa“.

Le battaglie di punta, le famose riforme di struttura avevano come focus il lavoro, l’Istruzione, l’università, erano battaglie pragmatiche non legate a concetti generici ma ad azioni concrete, che dovevano avere un ritorno nelle politiche sociali. In quell’epoca parlare di programmazione era davvero rivoluzionario, oggi è quasi scontato. Tra i grandi temi il lavoro, il quesito era: il lavoro è o meno una variabile indipendente nella struttura della programmazione, il lavoro prescinde dalle scelte della programmazione o è interna a queste? Temi che poi condurranno alla scala mobile, ma che già mostrano l’aspetto più innovativo di quella che fu definita “sinistra di governo”, teorizzando così l’ingresso della sinistra nel governo del Paese, capace di proporre e attuare riforme concrete. Per diversi anni fu un sogno nel cassetto ma quando si realizzò vide l’egemonia socialista prevalere. 

Arriva il Midas è il 1976, Francesco De Martino si dimette e come ammette Signorile il suo fu un gesto di arroganza politica, che creerà lo spazio per un’alleanza tra craxiani e lombardiani, una giovane classe dirigente che eleggerà Craxi segretario e Signorile vicesegretario, continuità e cambiamento. Craxi e Signorile stringono un patto che garantisce il sostegno reciproco e intuiscono con visione politica che l’unione di due minoranze può dare un’anima nuova al partito socialista, peraltro in quel periodo ai minimi storici. La maturità di una classe politica, seppur giovane, determina una svolta, Gianni De Michelis diventa fondamentale è l’uomo chiave per l’organizzazione, un fidato e vivace protagonista di una nuova stagione del socialismo.

Signorile mi racconta il dopo Midas: “Lavorammo insieme per il partito e i nostri ideali sino al 1980. Un famoso Comitato Centrale ci vide su posizioni diverse anche se De Michelis aveva già deciso di sostenere Craxi e la sua linea nella precedente Direzione. Il partito elesse Lombardi presidente ma si trovò diviso sulla linea da perseguire, Signorile per un governo di emergenza, Craxi rimase in attesa delle decisioni del Congresso della DC. La morte di Nenni e l’idea di non spaccare il partito ci tenne uniti seppur con idee e progetti diversi, Gianni De Michelis diventerà la guida della sinistra che seguirà Craxi“.

Signorile prosegue raccontando con serenità il suo passo indietro, sconfitto per aver perso la battaglia, si definirà allora “minoranza ma non opposizione” e continuerà il suo dialogo mai interrotto con il suo amico di sempre De Michelis.

Un ‘amicizia solida, che li vedeva spesso impegnati a suggerirsi e scambiarsi consigli sui libri da leggere. Alla domanda quale era il maggior pregio di De Michelis e quale fattore aveva contribuito di più alla sua carriera politica, Signorile non ha dubbi: “Gianni aveva una grande curiosità intellettuale, una dote immensa”.

Negli anni dopo la caduta della Prima Repubblica, Gianni e Claudio si sono rincontrati per condividere progetti e anche campagne elettorali, ma costruire un soggetto che raggruppasse tutte le anime della “diaspora socialista”, per banali motivi o per incomprensioni tra le varie forze coinvolte non andò mai in porto. Occasioni mancate, perdute oserei dire sprecate, ma nulla ha diviso i due giovani lombardiani che credevano in un socialismo rivoluzionario, di governo, autonomo e alternativo.

Cosa ne penserebbe Gianni De Michelis, Ministro degli Affari Esteri, capace come pochi altri, di un’Europa che non è più quella di Maastricht? Il maturo Signorile risponde: “L’Europa, di oggi, non è quella in cui Gianni aveva creduto e sperato. Forse avrebbe fatto una parziale autocritica, ricontrattando Maastricht, constatando che il ruolo dell’Italia nel corso degli anni è stato ridimensionato, in una prospettiva di una rilettura più pragmatica della politica europea”.

Un tributo ed un omaggio di Claudio Signorile al ruolo che De Michelis ha probabilmente più amato, la chiacchierata è lunga e articolata e come nella migliore tradizione socialista esprimo anche io ex giovane socialista le mie opinioni, ho conosciuto Gianni poco prima che il vento giustizialista cancellasse anni di storia. Il futuro di chi come me era troppo giovane è stato incerto la politica all’improvviso scompare ma ho potuto contare sulla tradizione di famiglia, sui libri e sui racconti degli amici.

Con Gianni, come racconto a Signorile ho condiviso le ultime imprese politiche giuste o sbagliate, viaggi ed eventi, i suoi insegnamenti e la sua infinita curiosità mi hanno regalato tanto e allora non senza timore sul finire della nostra telefonata esprimo a Signorile i miei pensieri.

Tiziana Buccico e Gianni De Michelis

Io credo altresì che se l’Europa non avesse perso per diversi motivi uomini del carisma, della competenza di De Michelis, forse non ci troveremmo in queste condizioni, le azioni della politica, sono le azioni degli uomini che governano e non di quelli che si fanno governare. Oggi più di prima la politica con la P maiuscola dovrebbe riprendersi il primato delle azioni, della programmazione, di una visione che vada oltre e che sappia essere autonoma da ingerenze e condizionamenti. Non è nostalgia, non è amarcord per i tempi passati è  semplicemente il desiderio ed il bisogno che competenza, capacità, responsabilità e vivacità intellettuale animino le aule del Parlamento. Uomini e politici come Gianni De Michelis non vivevano in perenne campagna elettorale, studiavano, leggevano, usavano la dialettica e non la violenza verbale per affermare le proprie idee. Sembra siano passati secoli ma non è così, c’è un grande bisogno di credere nella politica, nel futuro, in un’Italia che non insegua l’Europa ma che ritorni protagonista sulla scena internazionale ed europea. Gianni De Michelis è stato un maestro, un amico e un uomo delle Istituzioni e oggi a un anno dalla sua scomparsa il vuoto si sente, la sua capacità di andare oltre sarebbe oggi un valido aiuto per un periodo incerto, confuso e debilitato, un suo saggio consiglio sarebbe prezioso.

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Tiziana Buccico

Tiziana Buccico, napoletana verace, classe 1969, da sempre appassionata di politica, cultura e Medio Oriente. Un passato di uffici stampa tra cui l’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Poi giornalista di pagine di cultura e società, come “moscone” per i quotidiani “La Città” e "il Corriere del Mezzogiorno”. Ha lavorato per uffici stampa politici e istituzionali (Regione Lazio e Consiglio Regionale del Lazio), organizzando eventi e campagne elettorali. Pezzi di vita vissuti tra Gottingen, Vienna e Parigi, viaggi avventurosi e curiosi. Per otto anni, sino al 2017, è stata in Iran per seguire marito e famiglia ma occupandosi a tempo pieno della Scuola Italiana “Pietro della Valle” di Teheran, come Vice Presidente . Da allora la passione per i viaggi e le culture diverse è cresciuta e si è anche trasformata in una rubrica Treccani dal titolo “Via della Seta”. Rientrata in Italia si occupa di social, politica, giornalismo ed eventi culturali mantenendo così un filo diretto con quella parte del mondo che le ha cambiato la vita. Social media manager dell’Istituto Garuzzo per le Arti Visive.

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