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Un coro di promesse aspettando progetti e riforme

Qualcosa, a parole, si muove nell’azione di governo. Il Presidente del Consiglio intende mettere dei paletti al cosiddetto “reddito di cittadinanza”, per le pensioni a “quota 100” annuncia che il provvedimento dal 2022 non sarà rinnovato, aggiunge che sull’uso dei fondi europei (209 miliardi di euro già teoricamente assegnati) si gioca la credibilità dell’Italia e così di seguito sull’onda rinfrancante di un formale successo elettorale della coalizione 5Stelle-Pd.

Tutto, a parole, va bene. Ma, dopo le parole si aspettano i fatti, e qui il cammino diventa arduo.

Prendiamo la situazione nella scuola. Dopo tanti annunci su strombazzate attrezzature avveniristiche, migliaia di studenti sono costretti a seguire le lezioni seduti per terra, senza banchi e senza sedie. Decine di migliaia di cattedre sono in attesa di essere occupate da titolari e supplenti. Ci sono stati 5-6 mesi di tempo per provvedere, il ministro della pubblica istruzione e l’amministrazione da essa guidata non sono stati in grado di provvedere prima della riapertura delle scuole. E’ una vergogna, inutile nasconderlo. 

Per l’utilizzo dei fondi europei circolano mirabolanti ipotesi, mentre l’UE sollecita  progetti effettivi a breve scadenza, a metà dell’imminente mese di ottobre. Sul recovery fund, si sta sotterraneamente giocando una partita senza esclusione di colpi, poiché, se l’appetito vien mangiando, è sulla gestione della cucina e della tavola  che bisogna mettersi d’accordo e i propositi non collimano, a partire delle cose da realizzare. Lo scontro inizia tra l’amministrazione centrale e gli enti locali (regioni e comuni), si impenna tra governo e parlamento, cova sotto le ceneri della coalizione di governo, esploderà tra maggioranza e opposizione. Chi avrà il controllo su quello che impunemente esponenti dei 5Stelle hanno definito “il bottino”? Chi controllerà i cordoni della borsa? Piatto ricco mi ci ficco!

Frattanto, su un obiettivo possibile, quello del Mes con i suoi circa 37 miliardi di euro pronti da incassare, come prestito a tasso zero, per essere utilizzati a sostegno e miglioramento del sistema sanitario, continua la disputa ideologica più ipocrita che stucchevole tra chi vorrebbe prenderli e chi no. Così, mentre la pandemia del covid si riaffaccia con forza, i protagonisti della povera politica italiana si affrontano trasversalmente tra governo e opposizione dando vita ad uno spettacolo avvilente.

In questo quadro non esaltante, c’è solo una certezza: nessuno vuol andare a casa in anticipo, in barba alla riduzione del numero dei parlamentari sancito dall’ultimo referendum. Né quelli della Lega che pure hanno votato “si”, né tantomeno quelli di 5Stelle che se ne sono attribuiti il successo, e finanche quelli del  Pd che si sono aggregati al carro dei vincitori all’ultimo istante spiegando che avrebbe rappresentato l’inizio di una grandiosa stagione di riforme a partire dalla legge elettorale.

Mentre si aspetta la prossima mossa anticipata dall’on. Di Maio, vale a dire la riduzione dell’indennità parlamentare, a dispetto della ostentata “onestà, onestà” il presidente dll’Inps, imposto dal suo movimento, si è visto aumentare il compenso annuo. In questo caso, va detto onestamente che urta non la misura monetaria in sé stessa ma il “principio” che i suoi fautori platealmente calpestano.

In attesa che tutti o parte dei proclamati impegni e delle annunciate riforme siano resi credibili sul piano fattuale, resta in piedi il problema dell’assemblea che dovrà eleggere il prossimo presidente della repubblica. Se è vero che la legge che ha ridotto il numero dei parlamentari prevede che il taglio scatti dalla prossima legislatura, è altrettanto incontestabile che il referendum popolare (il decantato “popolo”) ha manifestato un orientamento opposto.

Gli illustri  costituzionalisti scesi in gara a pontificare nel precedente referendum che riguardava una più complessiva e ragionata riforma costituzionale, mantengono un imbarazzante silenzio, come se si fossero accorti che è stato buttato il bambino insieme all’acqua sporca. Forse, sarà toccato solo al bambino!

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Gianfranco Salomone

Giornalista - Già Direttore Generale Ministero del Lavoro

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