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Una nuova economia basata sui tessuti naturali, grazie a fibre vegetali e animali

Il settore moda chiede che i tessuti ecologici devono presentare le stesse caratteristiche e gli stessi effetti di quelli tradizionali per essere adeguati agli standard qualitativi richiesti dal consumatore. In realtà i tessuti naturali sono migliori, eliminando i problemi di allergie ai coloranti sintetici.

Una nuova economia: i tessuti naturali

Il settore “tessile e abbigliamento” ha un ruolo molto forte a livello ambientale perché, oltre a essere uno dei principali consumatori di acqua a livello globale (una maglietta richiede, in media, 2.700 litri d’acqua per essere prodotta), incide per circa un decimo sul totale delle emissioni di gas serra presenti nell’atmosfera. Ogni anno sono prodotti circa 80 miliardi di nuovi capi e delle 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti tessili scartate in Europa solo un quarto è riciclato. Quindi, è diventato fondamentale sensibilizzare sull’importanza di scegliere fibre e tessuti ecologici in grado di ridurre l’impatto dell’intero ciclo produttivo di un capo d’abbigliamento per costruirei capi d’abbigliamento.

tessuti naturali (pixabay.com)

L’evento della CIA a Roma ha evidenziato che colorare vestiti e accessori utilizzando tinte 100% naturali realizzate con gli scarti agricoli, come le foglie del carciofo bianco, le “tuniche” delle cipolle ramate, le scorze del melograno, i ricci del castagno o i residui di potatura del ciliegio e dell’ulivo, è solo una delle tante storie di eccellenza green, raccontate nel volume, o ancora portare in passerella, per la prima volta, una collezione moda di abiti di origine forestale, conquistando così un posto d’onore al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite di New York.

Nel volume tra gli altri la vicenda del primo allevamento di alpaca in Italia creato dall’agricoltore Gianni Berna in Umbria, costruendo una filiera completa dell’agro-tessile, che parte dal gregge, passa per la tosatura e filatura della lana e arriva fino al confezionamento di maglioni, sciarpe e coperte. Oppure quella di Assunta Perilli, archeologa e tessitrice di Campotosto, che da più di dieci anni si occupa di tessitura a mano e di lavorazioni tradizionali della lana, del lino e della canapa. Dopo il restauro di un vecchio telaio Perilli recupera un sapere artigianale tramandato oralmente per generazioni. E ha recuperato un’antica varietà di lino e le sue lavorazioni tradizionali.

Il volume delle Donne in campo ha evidenziato che le potenzialità di una filiera del tessile ecologicamente orientata sono enormi, fino a rappresentare il 20% del fatturato del settore in Italia (4,2 miliardi di euro). Sono tanti i vantaggi delle tinture naturali, collegate all’uso di fibre vegetali e animali (dalla lana alla seta, dal lino alla canapa, alla ginestra e alla seta). Si va dall’eliminare i problemi di allergie ai coloranti sintetici, al contributo a riqualificare aree dismesse o degradate con le coltivazioni tintorie e tutelando biodiversità e paesaggio, ma creando anche lavoro nuovo.

Se il settore moda chiede che i tessuti ecologici devono presentare le stesse caratteristiche e gli stessi effetti di quelli tradizionali per essere adeguati agli standard qualitativi richiesti dal consumatore, essa è anche una grande esploratrice sempre aperta a sperimentare nuovi materiali innovativi che siano in grado di sposare i gusti e le culture del momento. Le Donne in campo CIA hanno chiesto nell’occasione dell’evento che “il Ministero delle Politiche Agricole e i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, in collaborazione con l’Ispra, un percorso condiviso e partecipato per la costituzione di tavoli di filiera a sostegno della produzione certificata di fibre naturali per la produzione di agri-tessuti”.

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