Tra di noi, che leggiamo o scriviamo su queste pagine, c’è chi ha fatto attività politica e poi l’ha smessa. E c’è chi l’ha smessa e poi si è “riaffacciato sul cortile”. E c’è ancora chi non l’ha fatta e qualche volta si chiede “ma faccio bene a lasciare sempre che altri facciano politica anche per me?”.
Ebbene, tra coloro che si sono (timidamente) “riaffacciati sul cortile”, vorrei provare qui periodicamente a dire cosa vedo da quella finestra. Qualche volta per rincuorarmi per il tentativo in corso. Altre volte per dolermene. In ogni caso per informare propensi e titubanti.
Nella cornice gialloverde di un governo tra i meno giustificati nella storia d’Italia al premio di un così largo consenso elettorale incassato non per le cose fatte ma per la paura e la confusione dell’elettorato in vena di schiaffeggiare la politica, sto vedendo che questo elettorato ancora non ha pienamente percepito la natura ingiustificata di questo consenso. Anche se i cedimenti di 5 Stelle alle elezioni regionali avvenute sono un segnale di smottamento che segue ormai una traccia.
Sto anche vedendo che la ricomposizione, a destra e a sinistra dell’amalgama governativo, è assai più lenta e programmaticamente fragile rispetto al necessario.
Sto vedendo infine che le ormai imminenti elezioni europee, come è accaduto quasi sempre in Italia, non riescono ancora a mettere sul tavolo la natura della posta in gioco: cioè un’Europa comune migliorabile oppure il suo pericoloso tracollo (con la Brexit a fare da apripista). Così da falsificare ancora una volta il confronto elettorale.
Partiti grandi e piccoli restano per lo più legati alla visione prevalente negli ultimi anni: il marketing meglio della teoria economica e sociale. Più interessante, insomma, parlare del posizionamento (un po’ più in là, un po’ più in qua, con questo e non con quello, a braccetto del tale o non a braccetto) che accettare di indagare una proposta sostenibile (giacché di proposte insostenibili è piena la cronaca) per chiamare a raccolta la domanda di soluzioni. Che è un argomento più serio in politica della domanda di punizioni.
Non insisto sulla mia pur intuibile precisa posizione, ovvero sul carattere politico della mia finestra, a cui arrivo da anni di non appartenenza, di molto civismo progressista, con esperienze in materia di diritti civili e soprattutto nel tentativo di recuperare la memoria storica migliore di questo paese (contro chi l’ha pesantemente voluta tagliare) e la necessità di tenere insieme politica e cultura. Non intendo fare propaganda attraverso questi miei modesti “sguardi”. Dico solo che se si torna non so se a fare ma almeno a pensare politica, non basta più avere senso critico nei confronti degli altri. Bisogna ricordarsi bene anche dei tanti errori che abbiamo commesso.
Su questo la mia argomentazione più recente sta
nella raccolta degli scritti civili del 2018 contro chi ha attaccato
pesantemente la democrazia liberale nel nostro paese[1],
sapendo – come ha scritto Emma Bonino nella prefazione – che quella che lei
chiama “la maledizione” ha riguardato l’impossibilità di tutti i soggetti che,
tra le due grandi parrocchie elettorali dei comunisti e dei democristiani, si
sono richiamati alle culture liberalsocialiste e liberaldemocratiche (Lib-Lab),
ma hanno fatto di tutto per litigare e non trovare per tempo la quadra
necessaria per tenere in carreggiata l’Italia.
[1] Stefano Rolando – Post Azionismo. Scritti civili nell’anno dell’attacco alla democrazia liberale – prefazione di Emma Bonino, Editoriale Scientifica, marzo 2019.
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