Diario Scomodo

Calcio femminile, criptovalute, corruzione e…

Belle ragazze che per vincere non usano la seduzione ma l’entusiasmo

Per ora non giocano bene, ma col tempo impareranno. Ogni due passaggi perdono la palla. Non solo le azzurre, che, però, hanno scatenato un’insolita passione. Ascolti in TV da Commissario Montalbano. Molti tifosi si convertono al calcio femminile. Gli uomini hanno falsato questo sport per denaro. Le calciatrici, invece, guadagnano poco e non sputano per terra. Seppure sbagliate, le decisioni dell’arbitro non vengono contestate. Ora gli stadi sono accessibili a famiglie e bambini. C’è un fair play che ci fa dimenticare la violenza tra avversari e la volgarità di scalmanati fun.

Grazie per le emozioni che ci avete procurato, ma dovete ancora formarvi

Se si vuole che il calcio femminile attecchisca e dia anche spettacolo, bisogna almeno adeguare le dimensioni delle porte e del campo alle capacità e resistenza fisica della donna. Ci hanno entusiasmato solo perché azzurre ma niente gioco. Troppi errori, nessuna tecnica né tattica. Professioniste e dilettanti hanno gli stessi limiti. È come la corsa delle tartarughe. Può vincere una qualsiasi. Se avessero segnato nelle due o tre facili occasioni da rete, cambiava il risultato. Sarebbero state eliminate le altre. Per una bella competizione ci vuole ancora qualche anno di preparazione seria.

Calcio femminile

La Santa Sede al passo con i tempi, ma a modo suo

Seppure molti lo considerino conservatore, il Papa vuole essere all’avanguardia anche nello sport. Il Vaticano vanta, infatti, una squadra di calcio femminile. Non sono suore – almeno, così assicurano, poi vai a sapere – ma figlie di dipendenti o impiegate, ragazze che risiedono nel minuscolo stato. Il debutto in Austria contro il Mariahilf di Vienna, però, è stato un disastro. Avversarie laiche e irriverenti indossavano maglie inneggianti all’aborto e a nozze gay. C’è stato un immediato fuggi fuggi dallo stadio. Il nunzio apostolico in testa, seguito da vescovi, sacerdoti e calciatrici.

Non ci siamo evoluti abbastanza, un secolo dopo c’è ancora chi non tollera le idee degli altri

C’è chi vuole la statua di D’Annunzio a Trieste per il centenario dell’impresa di Fiume e chi, invece, vi si oppone. È la logica di una fortunata ignoranza da una parte e dall’altra. Gli antifascisti di oggi sono troppo giovani per sapere che allora era impossibile contrastare il regime. E quelli a favore, che cosa significhi vivere sotto una dittatura. Un poeta non è un eroe e non si giudica dalle idee che – non sempre liberamente – professa, ma dal patrimonio culturale che lascia all’umanità. L’arte appartiene alla storia, non alla politica di cui ognuno di noi ritiene di potersi impossessare.

Ci mancava solo la Libra, ci hanno pensato quei giocherelloni di FB

E bravo Zuckerberg! Dopo avere dato visibilità all’ignoranza e alla cattiveria, adesso va in soccorso dei disonesti. La nuova moneta non sarà un vantaggio per le persone perbene che, invece, saranno le prossime vittime. Sarà un’altra fonte di guadagno per imbroglioni e truffatori, per chi ricicla denaro sporco ed evade le tasse, per strozzini, ricattatori e terroristi. Le istituzioni, da una parte all’altra del mondo, stanno a guardare, impotenti ma pure affascinate dal genio malefico del ciarlatano. Ci si chiede quale altra diavoleria consentiremo per mettere KO una società già tanto provata.

Arroganza, avidità e rassegnazione di un figliol prodigo

Il ruolo di secondo portiere gliel’aveva proposto Allegri. Ma lui aveva rifiutato, indignato e offeso. Con la presunzione di trovare conferma di un talento ormai al tramonto, voleva dare uno schiaffo alla Juve che lo giudicava una riserva. Dopo una stagione di successo, però, anche il PSG lo ha messo in panchina. Adesso ha capito che a 41 anni non si può continuare a fare il divo. Ed è tornato con la coda tra le gambe. Bisogna essere campioni non solo tra i pali, ma, anche nell’animo e ritirarsi con dignità al culmine della carriera. Non aspettare l’inizio inevitabile della fase discendente.

Nessuno più fa ciò per cui è professionalmente programmato

In qualsiasi attività ognuno cerca il proprio interesse. E purtroppo molti lo trovano. Ormai rubano tutti. Il malcostume è talmente radicato nel tessuto sociale che non ce ne stupiamo neppure. È sempre stato così, è la spiegazione. Quindi la consuetudine di delinquere diventa normalità. Ogni tanto interviene la magistratura. Ma è come svuotare l’acqua del mare col secchiello. Quando la corruzione invade la giustizia e l’università non c’è più rimedio. Se giudici e docenti, persino i rettori sono solo sospettati, il marcio ha aggredito l’ultimo argine. Il sistema è incurabile. Meglio distruggerlo.

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Roberto Tumbarello

Roberto Tumbarello, giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza, ha tre figli e sei nipoti. Medaglia “pro merito” del Consiglio d’Europa, di cui è stato portavoce in Italia per tanti anni, è esperto in Comunicazione e Diritti umani. È stato redattore e inviato speciale di diversi quotidiani e periodici a vasta tiratura. Ha chiuso la carriera come direttore del “Giornale di Napoli”. Tra le sue ultime pubblicazioni di successo: “Gesù era di destra o di sinistra?” (Sapere 2000, 2009), “Si salvi chi può” (Edizioni Radici, 2012), “O la borsa o la vita” (Armando, 2014), "Viaggio nella vita" (Armando 2017), attualmente in libreria.

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