Albert Einstein diceva che il mondo che abbiamo creato è un prodotto del nostro pensiero: non può essere cambiato senza modificare il nostro pensiero.
E’ difficile non essere d’accordo con lui, anche se occorre, secondo me, precisare che il pensiero umano che ha creato il mondo, se valutato a livello sia geografico sia storico, non appare così omogeneo ed uniforme da potere essere considerato un’entità unica e soprattutto immutabile, ma presenta aspetti spesso diversi se non (talvolta) addirittura contraddittori.
Anche se le generalizzazioni sono sempre da evitare, si può dire, in via di massima, che una spaccatura piuttosto profonda divideva in origine il pensiero orientale da quello occidentale soprattutto sul piano della “logica”.
Quando in Cina una corrente di pensiero si definì “logicista” vide presto arenare i propri studi che pure intendevano richiamarsi alla sofistica occidentale.
La stessa visione “monistica” e “naturalistica” del mondo, pur presente, in Oriente, in buona sostanza, nel Confucianesimo (oltre che in altre religioni orientali) è pur sempre associata al “dualismo” di una cosmologia e di una metafisica che distinguono il principio femminile connesso alla Terra (yin) da quello maschile connesso con il Cielo (yang).
Comunque, depurato dai suoi elementi cosmologici e metafisici, il monismo cinese (sulla scia della scienza “fisica” occidentale) ha fatto fare passi da gigante, al pensiero scientifico.
La commistione tra principio monistico e visione cosmologica dualistica deriva dal fatto che, in Oriente, dei tre aspetti del pensiero umano (logica, fantasia, memoria) la filosofia ha sempre privilegiato il secondo (l’immaginazione, la visione onirica della realtà). Persino il ragionamento filosofico orientale, intessuto, com’è, di indovinelli e giochi verbali, trascende la logica e si nutre di elementi fantasiosi.
Coerentemente con tale presupposto, il monismo filosofico, che in Occidente esclude ogni previsione fantasiosa di mondi diversi e di realtà metafisiche extraterrestri, è del tutto estraneo al mondo Orientale.
Naturalmente la “spaccatura” anzidetta sussiste ab origine ma è divenuta, storicamente, sempre più epidermica e superficiale per l’incontro e l’integrazione delle due culture.
Il ponte tra un Occidente monistico e razionalistico e un Oriente dualistico e immaginifico è costituito dalla fascia mesopotamica, dove le religioni monoteistiche mediorientali, decisamente dualistiche, riuscendo ad esercitare la loro influenza anche sulla vicina Grecia, (dove dominava la filosofia empiristica, materialistica, monistica, fisica, razionale e logica, atomistica) hanno attenuato molte differenze.
Il “cavallo di Troia” per introdursi nella cittadella pre-socratica fu Platone che, sul piano filosofico, inventandosi il suo mondo iperuranio e l’Idea che viene prima dell’Essere, si collega idealmente alle religioni monoteistiche mediorientali (Mosè, Gesù Cristo e Maometto), ugualmente immaginifiche e fantasiose. Con l’Accademia Platonica-Aristotelica nacque un Occidente inedito, con un pout-pourridi visioni del mondo tra di loro molto contraddittorie.
Se a ciò si aggiunge che, sempre storicamente, la “fiaccola” del pensiero occidentale (quello precedente a Platone) fu raccolta nelle Isole Britanniche dai neo-empiristi inglesi (John Locke, David Hume) si può capire che quando si parla oggi di “pensiero occidentale” ci si riferisce a un indistinguibile melànge, a un cocktail dagli ingredienti più diversi e disparati.
E difatti vi si ritrovano l’idea di libertà di opinione e d’azione, nata a Roma e ivi coltivata (lo dicono Mommsen e Gibbon), ma anche le prescrizioni costrittive già solo nel pensiero delle religioni monoteistiche (soprattutto ebraica e cristiana); il culto dell’amore fisico (etero ed omosessuale) della civiltà pagana e le limitazioni innaturali di ogni spontaneità sessuale, imposte dalle selvagge usanze mediorientali (circoncisione, lapidazione di donne, terrore sugli effetti della masturbazione, obbligo del celibato, clausura e via distruggendo); la vita civile e intellettualmente animata della polis e della res publica,
e le soffocanti dittature teocratiche, monarchiche, tiranniche.
Ritornando ad Albert Einstein e al suo aforisma possiamo chiederci, limitando la nostra indagine al mondo Occidentale (che ormai fa un po’ da capofila del pensiero mondiale, se si considera la diffusione della lingua inglese e dei costumi di vita soprattutto nord-americani), se vi siano segni del cambiamento del pensiero dominante in Occidente.
In verità, i mutamenti sembrano avere riguardato più la sfera dell’attività privata degli individui che non quella pubblica, dove i segnali sono veramente poco incoraggianti.
Sempre alleati con ebrei e cristiani i seguaci dell’idealismo tedesco post-hegeliano, oramai quasi prevalentemente di sinistra (le frange di destra sono poche, sparute) rappresentano, purtroppo, un numero ancora cospicuo nel mondo occidentale. E ciò, pur dopo i misfatti compiuti nel “secolo breve” da nazi-fascisti e social-comunisti.
La chiarezza raggiunta dagli esseri umani in materia personale, interpersonale, familiare sembra ancora lontana da ogni lucidità di visione politica.
La gente continua a non veder chiaro nei fatti della politica perché l’emozionalità che li spinge all’odio per gli altri (molto più realistico del finto amore degli ecumenisti) è favorita enormemente dai “buonismi” predicati ed esaltati dai falsi profeti dell’amore universale.
Spinti da tante prediche in malafede ad uscire dall’amore per stessi (gli unici che potrebbero amare usque ad finem) e per quelli ad essi uniti dagli stessi destini per l’appartenenza alla medesima polis, gli esseri umani brancolano ancora nel buio e nelle tenebre di un mondo costruito sulle falsità delle promesse uiversalistiche occidentali e sulla dura realtà di sostanziali dittature di uomini politici con il pelo sullo stomaco, servi ben retribuiti da usurai di livello planetario.
Il discorso cambia, quando si passa alla vita privata e a quella familiare.
La cinematografia anglosassone, la serialità televisiva non solo inglese e statunitense ma anche spagnola e messicana, liberate le immagini animate sonore dalla dittatura ebraica e manichea delle major hollywoodiane e da quella edificante e falsa dei cristiani nella veste di clerico-fascisti o di catto-comunisti e della presenza di un Dio voyeur di amplessi, fornicazioni e masturbazioni ci offrono un quadro dei rapporti sessuali (etero o omo) finalmente libero dall’ossessione malata e innaturale, dagli effetti malsani, dei cosiddetti “peccati della carne”.
Film e serial combattono divieti e preclusioni mentali per dare un contributo non a “battaglie civili” (ormai rese obsolete dai tempi e superate dalle rivoluzioni sessuali cominciate nel Nord Europa e proseguite in tutto l’Occidente) ma alla lotta con tre le idiozie, le stupidità e le assurdità diffuse in Occidente da popoli primitivi e barbari, con l’ausilio della fede.
Anche il “mito” della famiglia, della presenza (e addirittura dell’uguale intensità) degli affetti all’interno di essa a dispetto delle “affinità” o “disaffinità” spesso esistenti tra i suoi membri, è sottoposto da quelle fucine di immagini a poderosi e benefici colpi di maglio e va disgregandosi con la complicità della “globalizzazione” che spacca il “focolare domestico” sotto il profilo per così dire della compresenza fisica.
Certo cambiare il pensiero per trasformare il mondo che su quel pensiero è stato costruito non è facile. Vi si oppongono soprattutto le persone cosiddette “di buon senso”. Anche, qui, però ci viene in soccorso Albert Einstein: Il buon senso è l’insieme dei pregiudizi acquisiti fino ai diciotto anni.
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