Che ruolo avrà Barack Obama nell’America obamiana che tenterà da gennaio di depurare gli States e soprattutto la complessa società profonda dai trasudi limacciosi, rancorosi e negazionisti in cui l’ha cacciata non il destino dispettoso ma una maggioranza “tecnica” (comunque tanta gente) che ad un certo punto ha preso il sopravvento rispetto all’andazzo elitario di una fase evolutiva degli stessi dem?
Domanda che ne contiene un’altra, forse anche più complessa: che ruolo avrà Barack Obama, padre politico sia dell’establishment democratico sia dell’ala dem che – per genere, etnie, rivendicazioni e diritti – sta configurandosi quasi simmetricamente al trumpismo rispetto all’establishment repubblicano?
Obama avrà sessanta anni a metà del 2021. Non è dunque ai margini anagrafici della rivoluzione socio-politica in corso negli Stati Uniti. La geografia politica degli Stati Uniti potrebbe ormai esprimere un duopolio compiutamente imperfetto, fino a delineare quattro distinte aree. Due che danno stabilità strategica ai due opposti raggruppamenti di tradizione politica professionale sia repubblicana che democratica; e due che hanno dato identità e ruolo ai due opposti radicalismi rispetto ai quali Donald Trump si presenta con soldi e parole d’ordine e la squadra di neo-eletti e neo-elette post-dem (potenzialmente ma non necessariamente alleata ai socialisti di Sanders) si presenta con una grinta comunicativa e organizzativa che corrisponde alle ferite che il trumpismo al potere ha inferto a questa “sinistra” insorgente.
Barack Obama è parte tanto della filosofia “istituzionale” quanto di quella “sociale”.
Giusto chiedersi come farà politica e verso quale indirizzo evolutivo di sistema, chi pare oggi avere carisma, narrativa e relazioni per giocare forse un ruolo più importante della stessa Casa Bianca.
Già perché, rivedendolo ora e leggendolo ora, Obama appare tanto un ex quanto un nuovo profeta.
Qui – tra vicende avvenute e pensieri narrati – abbiamo raccolto qualche spunto su una domanda piuttosto interessante per l’America e per il mondo (noi compresi). Indipendentemente da incarichi (inusuali negli USA per gli ex presidenti) che farà Barack Obama? Quanto ai “fatti”, libri a parte della ex-coppia presidenziale che ha all’attivo molto favore popolare, per ora c’è un’altra cosa, un contratto bilaterale (Barack e Michelle) con Netflix – che ha preso quota tra il 18 e il 19 – per una vera e propria casa di produzione multimediale, la Higher Ground, capace di vasto spettro: da storie legate a diritti e lavoro in America alla cucina delle verdure.
“Una terra promessa” comincia con una citazione di Robert Frost, tratta da Kitty Hawk: “Non sottovalutate i nostri poteri; abbiamo fatto un passo verso l’infinito”. Forse non parla di sé, ma di una nuova specie di impasto tra politica e popolo di cui si sente parte. Ha impiegato quattro anni a scrivere questa memoria in forma di bibbia. Ringrazia per la collaborazione, alla fine di ottocento pagine, 134 persone dettagliando le ragioni. Sfida il mondo del terzo millennio a credere ancora nella cosa più vecchia dei tre millenni, la famiglia: “A Michelle, mio amore e compagna di vita e a Malia e Sasha, la cui luce abbagliante fa scintillare ogni cosa”. E ricorda a tutti, in cima ad ogni citazione, che uno spiritual afroamericano infonde a chi è portatore di una storia così, un’energia immensa: “Oh, vola e non stancarti,/ Vola e non stancarti,/ Vola e non stancarti, / C’è un grande raduno nella Terra promessa”.
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