Gli odori sono molto più potenti delle immagini nell’influire sul nostro cervello e sulla nostra memoria. Con le biotecnologie oggi si riesce a creare odori realistici e particolari.
In un’antica novella italiana si narra di un povero che allunga il suo pane sopra il fumo che esce da un locale dove si cucina della carne e così impregnato lo mangia avidamente. Al rosticciere che chiede di essere pagato per il fumo, il povero pone un netto rifiuto e si arriva al giudizio di un tribunale che dopo una lunga e minuziosa discussione sentenzia che il povero ha goduto il fumo ma non ha toccato l’arrosto, per questo si prenda una moneta d’argento e la si batta sul banco. In questo modo il cuciniere sazia il suo orecchio con il suono dell’argento, come il povero sazia il suo olfatto con il profumo dell’arrosto ed entrambi sono pari. Questa piacevole novella ancora oggi potrebbe risultare inattuale quando il fumo delle rosticcerie e cucine è eliminato da potenti cappe aspiranti, ma invece se non il fumo, almeno il profumo di cucina è un elemento di successo dei migliori e più rinomate ristoranti e rosticcerie.
La moderna neurologia dimostra che l’olfatto è un senso primitivo e che i ricettori di odori inviano segnali al Sistema Limbico del cervello dove si generano sensazioni di piacere, suscitando ricordi più persistenti di quelli visivi perché dopo sei mesi solo un quarto della gente ricorda una immagine, mentre i quattro quinti ricordano un aroma, soprattutto se gradito. Se da lontano è lo stimolo visivo che richiama l’attenzione delle persone, da vicino è lo stimolo olfattivo che contribuisce a decidere un cliente esitante. Per questo oggi i ristoratori pianificano e utilizzano gli aromi con un raffinato e strategico uso con il quale esaltano la propria cucina e cercano di fidelizzare i clienti. In un ristorante pluristellato italiano, il successo di un piatto di selvaggina, presentata disossata, è dovuto anche al fatto che a parte le ossa dei selvatici sono processate in un particolare estrattore a bassa temperatura ottenendo un aroma che il cameriere si spruzza sul dorso delle mani quando serve il piatto a un singolo cliente, mentre l’aroma è diffuso in tutto l’ambiente quando la selvaggina arriva in tavola a più clienti.
Il senso dell’olfatto non interferisce, ma si sinergizza con quello della vista, come spiegano le ricerche della comunicazione olfattiva e visiva, sempre più usate nel neuromarketing o neurovendita. Per questo accanto ai colori artificiali o di sintesi usati in cucina, soprattutto industriale, prendono piede gli aromi e gli odori artificiali, come circa un secolo fa preconizzavano i futuristi. Odiernamente l’industria degli aromi è fondamentale nella fabbricazione del cibo confezionato, inscatolato, surgelato, precotto, disidratato, il novanta per cento di quello che mangiano gli americani e che sempre più si diffonde tra gli italiani. Poiché queste tecniche tolgono sapore ai cibi, è necessario rimettercelo con aromi naturali o artificiali, con una differenza tra i primi e i secondi spesso arbitraria, perché deriva dal modo in cui vengono preparati, non dalle sostanze chimiche che contengono.
L’industria statunitense degli aromi ha un fatturato di un miliardo e mezzo di dollari all’anno ed è concentrata nel New Jersey, dove di producono i due terzi degli additivi aromatici venduti negli USA. L’International Flavors & Fragances (IFF – https://www.iff.com/) è l’agenzia di aromi più grande del mondo e senza il suo ausilio gli hamburger non avrebbe il loro caratteristico aroma o un prosciutto di Praga o un wurstel non saprebbero di affumicato. Il successo dei concentrati di carne, il primo dei quali è stato inventato e prodotto da Justus von Liebig a metà del milleottocento, dipende molto dal suo aroma.
Nel processo di base degli aromi sintetici si manipolano sostanze chimiche volatili per creare un odore particolare. Poiché gran parte del sapore di un cibo deriva dal suo odore e dai gas che si sprigionano durante la masticazione, scopo dei ricercatori è di centrare e fabbricare l’odore giusto. Con le biotecnologie oggi si riesce a creare odori realistici e particolari, per esempio di affumicato, burro fresco, carne arrostita ecc. Le formule degli aromi sono celate e le aziende che li utilizzano mantengono il segreto coperto in etichetta dalla dizione “aromi”, mentre la lista degli ingredienti per creare un giusto aroma artificiale molto spesso è lungo, come una mezza pagina di un libro.
Gli odori, a cui la memoria è legata a doppio filo, non sono solo un’arma in mano agli artigiani del cibo e ai grandi cuochi dell’alta gastronomia, ma sono soprattutto l’arma più potente che le industrie del cibo usano per fidelizzare i consumatori. Poiché i sapori dell’infanzia lasciano un marchio indelebile, l’obiettivo e la fascia di mercato più ambito delle catene di fast food sono i bambini.
Da ultimo è da segnalare che l’uso degli aromi non riguarda soltanto gli alimenti per l’uomo, ma anche quello degli alimenti per gli animali dove il cibo non deve soddisfare l’animale, ma anche e soprattutto il proprietario che l’acquista. Solo così si spiega come i latti artificiali per vitelli siano preparati con l’aroma di panettone per compiacere il proprietario e certamente ignoto all’animale.
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