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Perchè ricordiamo Gianni De Michelis

Il 25 aprile, anniversario della liberazione, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella come ogni anno ha salito la scalinata del Milite Ignoto. È solo, non c’è nessuna cerimonia, manda un messaggio: “L’Italia ha superato nel dopoguerra ostacoli che sembravano insormontabili. Ha saputo costruire il proprio futuro. La ricostruzione cambiò il volto del nostro Paese e lo rese più moderno.”

Parole che ci hanno fatto riflettere. È possibile fare un paragone tra la vicenda che stiamo vivendo del coronavirus con gli anni del dopoguerra?

Era l’aprile del ’45: gli italiani uscivano da una guerra perduta e da una disastrosa dittatura, intorno a loro soltanto macerie e distruzioni. Eppure nel giro di pochi anni l’Italia rinasce. “Fare paragoni è del tutto inadeguato, ha scritto Stefania Conti commentando in una serie di articoli su questo giornale l’affermazione del Capo dello Stato. Usciremo da questa crisi sanitaria con una economia a pezzi, ma le condizioni di quegli anni non ci sono più. Non arriveranno i soldi degli americani (non gli serviamo più, la guerra fredda è finita, il mercato europeo è bello e conquistato) e l’Europa ha il braccino corto. Non ci sono più i grandi uomini che pur con posizioni politiche contrastanti, si rimboccarono le maniche per rimettere in piedi il Paese. E soprattutto avevano idee e ideali”.

Infatti, idee ed ideali. Le parole di Mattarella sono state utili: hanno ricordato agli italiani, chiusi in quarantena, che abbiamo un passato, un passato che è stato archiviato con la dizione Prima Repubblica, come se ne fosse stata fondata una seconda. Come dice un vecchio proverbio “si è fatto di tutta l’erba un fascio”. Per affermare nuovi poteri, deprezzare la politica ad affare, liquidare i beni di famiglia si è riscritta la storia, anzi si sono cancellati i più belli anni della nostra vita fatti di pace e benessere, di progresso e sviluppo come non si era mai visto nella storia recente e antica del nostro Paese. E con gli eventi di questa storia sono stati cancellati gli uomini che l’hanno fatta.

Ma la storia cammina sulle gambe degli uomini. E la memoria di questi uomini non si deve cancellare perché è utile e necessaria a costruire la politica di oggi e di domani. Per questo ricordiamo Gianni De Michelis.

Raccontare di una persona che non c’è più ha il rischio di cadere nel banale, parlar bene dell’amico, tessere le lodi dell’uomo politico, discutere le sue idee cercando di non finire nel patetico: insomma una gravosa responsabilità e ciò aumenta a dismisura se la persona di cui vuoi parlare è Gianni De Michelis, un leader, un intellettuale, un uomo di grandi qualità e di eccentrici difetti. Ero un suo amico e questo mi complica le cose ma penso che a un anno dalla sua scomparsa non ha senso seguire ancora una volta il percorso della sua vita, privata e pubblica, ma piuttosto soffermarsi sulla sua presenza e sul suo pensiero nella società e nelle istituzioni. Un pensiero di cui ho condiviso idee e progetti lungo l’arco di un decennio. Un’energia vitale che lo portava ad un’intensa attività con un’intelligenza universalmente riconosciuta, capace di straordinarie intuizioni a cui si aggiungeva il gusto della sperimentazione e il piacere dell’innovazione.

Ci piace ricordarlo oggi su Moondo con l’aiuto di uomini che lo hanno conosciuto bene: fin da ragazzo quando insieme a Claudio Signorile aderì a quel gruppo politico innovativo che fu la corrente di Riccardo Lombardi nel movimento socialista e poi l’esperienza politica e di uomo dello Stato nelle parole di Giuliano Amato e nel minuzioso e documentato ricordo della straordinaria opera di De Michelis ministro degli Esteri di Giuseppe Scanni, fino al sodalizio politico che ha attraversato due decenni con Rino Formica. E la testimonianza di un amico fraterno come Marcello Inghilesi.

Un giorno qualcuno gli chiese perché avesse scritto un libro sulle discoteche italiane, una guida che dette alle stampe nel lontano 1988. Prima si giustificò rispondendo che aveva notato non vi fosse nel panorama editoriale una guida come quella che c’era per i ristoranti o per gli alberghi, ma più riflessivo osservò che i giovani e il ballo, i giovani e il tempo libero, i loro luoghi dell’incontro costituivano un tema di grande rilievo nella società italiana di quegli anni. Avrebbe potuto scrivere un trattato di sociologia scelse di fare una guida a 250 discoteche, qualcosa che serviva ai giovani per stare insieme. Divertiti Gianni, se anche lassù trovi il tempo per farlo.

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Giampaolo Sodano

Artigiano, mastro oleario, giornalista e dirigente d’azienda, Giampaolo Sodano è nato a Roma. Prima di vincere nel 1966 un concorso ed entrare in Rai come funzionario programmi svolge una intensa attività pubblicistica come critico letterario e cinematografico. Nel 1971 è giornalista professionista. Nel 1979 è dirigente d’azienda della RAI. Nel 1983 è eletto deputato al Parlamento. Nel 1987 torna all’attività professionale in RAI ed è nominato vice-presidente e amministratore delegato di Sipra e successivamente direttore di Raidue. Nel 1994 è direttore generale di Sacis e l’anno successivo direttore di APC, direzione acquisti, produzioni e coproduzioni della Rai. Nel 1997 si dimette dalla RAI e diventa direttore di Canale5. Una breve esperienza dopo della quale da vita ad una società di consulenza “Comconsulting” con la quale nel 1999 collabora con il fondo B&S Electra per l’acquisizione della società Eagle Pictures spa di cui diventa presidente. Nel 2001 è eletto vicepresidente di ANICA e Presidente dell’Unidim (Unione Distributori). Dal 2008 al 2014 è vicepresidente di “Sitcom Televisione spa”. E’ stato Presidente di IAA. Sezione italiana (International Advertising Association), Presidente di Cartoons on the bay (Festival internazionale dei cartoni animati) e Presidente degli Incontri Internazionali di Cinema di Sorrento. Ha scritto e pubblicato “Le cose possibili” (Sugarco 1982), “Le coccarde verdemare” (Marsilio 1987), “Nascita di Venere” (Liguori editore 1995). Cambia vita e professione, diventa artigiano dell’olio e nel 1999 acquista un vecchio frantoio a Vetralla. Come mastro oleario si impegna nell’attività associativa assumendo l’incarico prima di vicepresidente e poi direttore dell’Associazione Italiana Frantoiani Oleari (AIFO). Con sua moglie Fabrizia ha pubblicato “Pane e olio. guida ai frantoi artigiani” e “Fuga dalla città”.

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