di Raffaele Aragona
Ormai a Napoli in molti sembrano essersi abituati a tutte le inspiegabili cose che avvengono in città da vari anni a questa parte; inimmaginabili anche da menti le più fantasiose. È di questa settimana la notizia che i “cimeli” del Pibe de oro (oggetti di svariato genere depositati dai tifosi all’esterno della curva B dello Stadio ancóra “San Paolo”) saranno ospitati nel Museo Filangieri, un luogo di pregio e che nessuno mai avrebbe pensato potesse essere destinato a tanto, sia pure per una mostra temporanea (6 mesi). Per un attimo, a lèggere la notizia si è sperato che si riferisse al Cinema Filangieri, una bella sala di Chiaja, ma pure sarebbe stata un’idea poco felice.
La cosa ha creato certamente sconcerto, anche se, a detta del suo direttore, il Museo apre le sue porte a quei “cimeli” in nome della “felicità” che Maradona ha donato alla città, pure ricordando come Gaetano Filangieri ritenesse la felicità un bene primario; tanto da essere posta – aggiungiamo noi – al centro di un concetto di legislazione e diritto, un principio addirittura ispiratore della Costituzione degli Stati Uniti, grazie alla condivisione da parte di Benjamin Franklin suggerita proprio dagli scritti del giurista campano. C’è soltanto da osservare che l’illuminista Gaetano Filangieri (senior) non ha nulla a che fare con l’omonimo Gaetano Filangieri (junior), principe di Satriano, cui è intestato il Museo, se non il fatto di essere suo nonno!
«Sinfonia di una felicità: Napoli es mi casa» è il nome della mostra che sarà a breve ospitata al Filangieri, con una intesa tra direttore del museo, sindaco e assessori. «Diego, un genio inarrivabile, nostro cittadino, che ci ha regalato grandi gioie tanti sorrisi e anche molte lacrime, avrà anche questo omaggio perché Napoli será siempre su casa» sottolinea il primo cittadino. Gli fanno eco gli assessori alla cultura e allo sport: «La potenza globale della figura di Diego ci ha travolti e condotti in pochi giorni a fare, nonostante questo periodo così difficile, tutto il possibile per celebrare il nostro D10S con iniziative che però siano permanenti. Da qui l’intitolazione dello stadio nei giorni scorsi e l’organizzazione di questa mostra ora. Il desiderio che ci muove è essere all’altezza di questa enorme responsabilità e lavorare durante questi mesi per consacrare definitivamente la nostra città, Napoli, la città di Maradona».
La mostra sarà un percorso che s’intersecherà tra l’esposizione di parte dei cimeli raccolti all’esterno dello stadio e immagini, foto e radiocronache storiche degli anni d’oro di Maradona e del Napoli. Il direttore del Museo Paolo Jorio, che ha voluto fortemente la mostra, la immagina come «una raccolta di testimonianze, di storie, di chi ha vissuto il sogno grazie a Maradona, e di chi l’ha visto poi concretizzarsi grazie alle gesta di Diego e ai trionfi azzurri». Il sindaco, che a quanto risulta non provvede al dovuto sostegno al museo civico, naturalmente esulta e si dichiara favorevole…
«Un semplice tributo, un ringraziamento che la città avrebbe dovuto offrire alla memoria di un grande campione – scrive Gherardo Mengoni – è scivolato in una successione parossistica di eventi: Stadio, Stazione Ferrovia Cumana, Stazione Métro, murali, altarini e ora il Museo Filangieri. Tutto senza un minimo di riflessione, tutto di fretta, tutto con grande sciatteria e incultura. L’ispiratore è sempre colui che, instancabile, cerca il consenso di quella parte di popolo basso al quale è cinicamente abbrancato sin dal suo avvento politico. Una plebe ignorante, superficiale, prepotente e, in fondo, stupidissima». «Nessuna spiegazione plausibile a tutto quanto, trovo incredibile, scandaloso e imperdonabile per la gestione del museo» dice Francesco Bruno». E chissà che possa finire qui: «Direi di sospendere qualsiasi iniziativa prima di diventare ridicoli e rendere grottesco il ricordo di un campione» suggerisce avvilita, come in tanti, Renata Brancaccio.
E invece c’è da temere altro: la Stazione Centro Direzionale della metropolitana dell’arte si farà senz’arte. Le casse del Comune, infatti, non permettono la realizzazione dell’opera dell’archistar spagnola Benedetta Tagliabue, un mosaico in maiolica riproducente l’immagine di Virgilio e posta sulla copertura della Stazione: un segno di benvenuto visibile dai viaggiatori in atterraggio all’aeroporto di Capodichino. Chissà che non si risolva con un ritratto roof art… di Maradona.
Tanto poi per non pensare che la fantasia a Napoli venga sprigionata soltanto per Maradona, c’è dell’altro: in questi giorni prenatalizi un presepe particolare sposa due arti napoletane, quella presepiale e quella dei pizzaioli: un presepe di notevoli dimensioni, realizzato con l’impasto della pasta per la pizza, per ricordare il riconoscimento UNESCO e le prossime festività. Un’idea forse anche un tantino originale, ma sarebbe stata accettabile se realizzata in una delle tante botteghe di San Gregorio Armeno. Invece no si è cercato altro, è stata collocata nella monumentale Chiesa gotica di Santa Chiara, accosta al Monastero: sì, proprio quello della canzone.
Nota storica
Il Museo Civico Gaetano Filangieri è un museo privato allestito nel quattrocentesco Palazzo Como, costruito tra il 1464 e il 1490 dal ricco mercante Angelo Como (o Cuomo) su disegno, probabilmente, di Giuliano da Maiano. La progettazione e l’allestimento del museo si devono alla lungimiranza di Gaetano Filangieri, Principe di Satriano, che nel 1881 avanzò la proposta al Consiglio comunale di allocare le sue raccolte d’arte in quel che restava del celebre Palazzo Como, spostato di circa 20 metri allo scopo di scongiurarne l’abbattimento a séguito dei lavori del Risanamento e allinearlo lungo l’arteria di via Duomo. Del quattrocentesco edificio non rimaneva che la splendida facciata in bugnato e i muri laterali, mentre l’invaso era del tutto vuoto e senza copertura. L’offerta risultò molto allettante per il municipio e l’ipotesi di istituire un museo ‘civico’ era sentita da più parti come necessaria così che nel 1883 cominciarono i lavori di riedificazione e ripristino completamente finanziati dal Principe, che terminarono nel 1888. L’8 novembre di quell’anno il museo fu aperto al pubblico. La collezione, eterogenea per materiali, vanta più di 3.000 oggetti, di varia provenienza e datazione. Sono raccolti esemplari di arti applicate (maioliche, porcellane, biscuit, avori, armi e armature, medaglie), dipinti e sculture dal XVI al XIX secolo, pastori presepiali del XVIII e XIX secolo ed anche una biblioteca dotata di circa 30.000 volumi ed un archivio storico con documenti dal XIII al XIX secolo. La quadreria raccoglie in special modo dipinti del Seicento napoletano, tra cui opere di Jusepe de Ribera, Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Battistello Caracciolo, Mattia Preti. Purtroppo una parte del materiale raccolto andò distrutto nell’incendio appiccato dalle truppe tedesche nel deposito di San Paolo di Belsito nel settembre 1943. Grazie alla generosità di tanti collezionisti napoletani, nel 1948 il Museo fu riaperto arricchito di pregevoli collezioni che andarono a colmare le lacune provocate dalla guerra. Questo museo ottocentesco è una testimonianza rara e intatta di allestimento eclettico. Il 22 maggio 2012 il museo ha riaperto dopo 13 anni di chiusura. Ansiosi che il Museo ripartisse al meglio, i cittadini della zona e gli amici del museo si sono attivati per raccogliere un consistente numero di firme, che gli ha permesso di ottenere un intervento da parte del FAI.
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