Paura, ansia, rabbia, incertezza, dubbi e un’infinita e sconfinata voglia di vivere. Una voglia di combattere, sconfiggere e credere nella scienza, nei medici, nelle regole, nella salvezza…
Emozioni che stancano, che snervano, che fanno girare la testa e un continuo incalzare di perché… Perché? Perché è successo, perché non tutti capiscono, perché ogni giorno vorrei che fosse solo un incubo o un pessimo film. Invece eccoci la terza guerra mondiale è arrivata, senza dichiarazioni, tutti contro tutti, mentre dovremmo essere uno per tutti e tutti per uno, insieme capaci di combattere il virus ed il tempo.
Il tempo che abbiamo imparato a trascurare, quel tempo che ormai scorre solo per le nostre abitudine scandite da un cellulare e i relativi allarmi, il tempo che combattiamo con creme miracolose, con interventi estetici, con mode a volte un po’ ridicole, con atteggiamenti infantili. Il tempo, ogg , ci richiama all’ordine, il nostro tempo per vivere. Giornate in casa, ore che passano e il ticchettio dell’orologio a muro in cucina ci riporta ad una dimensione umana, tutti più fragili ma anche tutti più vigili e più umani. Colazione, pranzo e cena e così ci ritroviamo a decidere cosa si mangia, e finalmente le puntate di Masterchef e di altri programmi culinari ritornano utili, sugli scaffali delle nostre librerie il mitico Artusi e il più moderno Carnacina rimangono chiusi, mentre con grande agilità ai miei fornelli vengono evocati Antonino Cannavacciolo e Alessandro Borghese, sottofondo musicale, Lina Sastri, Pino Daniele e Massimo Ranieri.
Si in cucina ci piace ritornare alle origini partenopee e poi qualche divagazione iraniana quando le riserve di thè, pistacchi e lavashk vengono prese d’assalto. Per fortuna non so cosa sia la noia, mio padre mi ha insegnato non solo ad amare la vita, mi ha insegnato che la noia è un nemico potente, e così mi ha insegnato ad annoiarmi mai.
In pochi giorni la mia vita, la nostra vita è cambiata, il tempo, la famiglia, la noia, la casa, gli spazi che si restringono ci offrono una grande, immensa possibilità di dare un senso diverso alla nostra vita, una carezza di mio figlio, gli abbracci di mia figlia, il calore del corpo di mio marito nel letto, non sono scontati, sono un regalo straordinario, per non parlare delle fusa del mio gatto. Lui, Kurosh in persiano Ciro in italiano, è felicissimo, l’unico, siamo tutti pronti a stare un po’ con lui, coccole e giochi, che bello essere sempre in compagnia, chissà che non sia il solo a gioire di questa strana condizione.
Ci ripetiamo giocando a Trivial Pursuit, “#andràtuttobene”, passerà, e scopriamo che abbiamo bisogno di ritrovarci perché insieme non si guardano i tg e si ride e si scherza come se tutto fosse normale. E’ così che riscopro che è normale che una famiglia faccia questo, si ritrovi a tavola e dopo passi un po’ di tempo a prendersi in giro, se capita a litigare, a dirsi ti voglio bene con il semplice gesto di sbucciare una mela e dividere un arancio. Nessuno deve uscire dopo sera, nessuno ha fretta.
Se questo maledetto, disgraziato virus ci ha reso così fragili, insicuri, litigiosi sul da farsi, prendiamo anche coscienza di tante cose, nulla è più importante della vita, tutto può essere rimandato, tutto può cambiare senza che dipenda da noi. E poi il silenzio, i rumori della strada, lo sbattere delle porte dell’ascensore, un’assenza di rumore che fa sentire il cinguettio degli uccelli. Per carità avessi la macchina del tempo tornerei indietro, ma siccome cerco sempre di guardare le cose in una prospettiva positiva, provo ad apprezzare la vita così come viene.
Finalmente nessuno urla: “la doccia la faccio prima io”, “non capisci ho fretta”, “ho fatto tardi che si mangia?”, “stasera non torno a cena… questa casa non è un albergo”. Cambia la ritualità, cambiano le prospettive, è tutto prende strade diverse, c’è il tempo di riflettere, di osservare i dettagli delle cose, riordinare le foto e soffermarsi raccontando episodi passati, viaggi e racconti di tempi andati. La consapevolezza che il tuo nido, il tuo rifugio è la tua casa, il tuo ombelico è il quartiere, la tua città, il tuo Paese. Si può viaggiare con la fantasia, con i ricordi, con le emozioni, con il pensiero e magari scoprire qualcosa di più di noi. Sperando anche di riscoprirci più italiani, meno fantasiosi e più solidali e rispettosi delle regole.
Giacomo Leopardi il sommo poeta ed intellettuale così scriveva: “L’egoismo è la peste della società”.
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