La drammatica vicenda del Coronavirus pone al notista politico una serie di interrogativi cui non è facile dare risposte adeguate, senza il ricorso a un “minimo” di “dietrologia”, altrimenti detta “fantapolitica”: non nel senso, ovviamente, di immaginare “complotti” ideati da fantasiose Spectree diretti a dare origine al morbo; non è da chiedersi cioè: c’è chi ha voluto tutto ciò? Se sì, perché è stato voluto? E con quali subdoli mezzi? e via di seguito; ma solo per tentare di capire se non vi sia stato qualche interesse “a cavalcare la tigre” della paura popolare; se si sia voluto provocare un eccesso di terrore (pur comprensibile nelle sue motivazioni) per raggiungere altri obiettivi.
Naturalmente, va detto subito, che viviamo in un momento di rischio reale. Almeno sotto il profilo dell’inadeguatezza del nostro servizio sanitario a far fronte alle necessità di terapie intensive che il covid 19 richiede in misura maggiore rispetto a una normale influenza. Se non vi fosse tale gravissima insufficienza, ci troveremmo di fronte a un’evenienza già nota e fronteggiata, anche se con numeri più contenuti, in passato. Sotto questo aspetto il timore di chi invita a fare di tutto per evitare l’estensione del contagio è più che giustificato. Non lo sarebbe stato se avessimo avuto un sistema sanitario in grado di soddisfare le più consistenti richieste di terapie intensive. Solo il numero di queste ultime rende, infatti, più grave l’epidemia di corona virus rispetto ai ceppi degli anni precedenti. Allora il problema “politico” vero è di chiedersi che cosa abbia impedito, ostacoli ancora e ostacolerà in futuro la necessità di adeguare le nostre strutture sanitarie alle esigenze di un pianeta che galoppa verso gli undici miliardi di abitanti e che per quanto riguarda l’Italia (e gli altri Stati Membri) incontra i diktat dell’Unione Europea sul pareggio di bilancio e sull’austerity.
La situazione di fatto è la seguente:
In Italia ci sono 5.600 letti di terapia intensiva/rianimazione abitualmente occupati all’80%. Sono destinati ai malati gravi che necessitano di respirazione meccanica ma vengono utilizzati anche per altri malati critici per altre insufficienze.
Strutture idonee alla rianimazione vi sono, comunque, anche nell’ospedalità privata.
Detto ciò, partiamo del primo interrogativo. L’influenza virale stagionale non è un evento nuovo per l’umanità. E’ già stata protagonista nei decenni passati di vicende analoghe a quella odierna. Il rapporto tra persone contagiate, decedute e guarite è stato diverso di anno in anno ma, nella sostanza, non molto dissimile né più grave di quello odierno.
La prima domanda è: l’eco mass-mediatica non ha fatto salire l’allarmismo sociale a vertici mai raggiunti prima? Che cosa rendeva “effettivamente” più grave l’epidemia attuale rispetto a tutte le altre che l’hanno preceduta?
Tentativo di risposta. Intanto una cosa certa: a causa dell’allarme sul coronavirus, la crisi mondiale della nostra civiltà (che è, nonostante tutto, ancora “industriale”) ha toccato il diapason.
Le industrie sono ferme: continuano a sopravvivere soltanto le ditte che producono disinfettanti e altri prodotti per contenere l’epidemia o beni e servizi adatti a una lunga conservazione tra le mura domestiche di cibi, oltre quelle dei fabbricanti di cyclette e tapis roulant, dei sistemi di comunicazione digitale, soprattutto per la telemedicina.
In conseguenza della crisi produttiva, il sistema economico mondiale trasmette, in un “crescendo” rossiniano, segnali di acuto nervosismo dei mercati. Vi sono consistenti cali di titoli in Borsa, seguiti da momentanei recuperi di quotazioni perse.
L’arresto drastico e clamoroso della produzione industriale e le cadute azionarie costringeranno tanta gente a indebitarsi. Ad avvantaggiarsene saranno solo le Banche, che, non a caso, si stanno già adoperando per “attrezzarsi” in misura adeguata.
A tale proposito, infatti, dalla stampa di oggi si apprende che i maggiori istituti di credito occidentali,Citigroup, JPMorgan Chase, Goldman Sachse Morgan Stanley stanno studiando la possibilità di trasferire on line non solo il lavoro d’ufficio, ma anche il tradinge il rapporto con i clienti.
Sembra che anche altri istituti abbiano già chiesto a centinaia di dipendenti di lavorare da casa in modo da poter “testare” la capacità di gestire in remoto gran parte dell’attività degli sportelli.
Sperimentazioni di questo e di altro tipo sarebbero state già fatte dalla JPMorgan Chase nelle filiali di Londra, di New York (per la precisione: a Brooklyn) e in New Jersey.
Dallo stesso giornale, si apprende ancora che il “lavoro da casa” sarà sperimentato anche dal Tribunale di Roma per evitare che, a causa dell’epidemia in corso, si arresti l’attività dei pubblici ministeri per l’emissione degli avvisi di garanzia (quest’ultimo dato, pur non essendo economico, desta ugualmente qualche preoccupazione e non sorprendono, quindi, le reazioni che si sono registrate tra gli addetti ai lavori).
V’è chi ricorda che, storicamente, i “cambi di civiltà” caratterizzati dal modo diverso di produrre ricchezza sono sempre stati, sul Pianeta, altamente traumatici. Il Feudalesimo si affermò e cadde in modo cruento e con immani disastri umani.
Domanda finale. E’ solo “dietrologia” ritenere che con il sistema mass-mediatico in proprie mani si possa utilizzare anche l’occasione di un’epidemia (e del terrore che essa provoca) per dare un colpo mortale al sistema industriale e rafforzare il capitalismo finanziario, come ultima spes di sopravvivenza?
C’è un secondo interrogativo e una seconda domanda. Se è vero ciò che riportano giornali e radio televisioni che Donald Trump si sia fortemente irritato per le ossessive notizie sulla diffusione del virus nel mondo propalate dai mass-media non soltanto statunitensi è proprio fuori logica ritenere che il Presidente Nord-americano, ben sapendo (per averlo sperimentato sulla propria pelle) che il sistema informativo tradizionale, quasi tutto in mano del sistema bancario (che lo considera, probabilmente non a torto, suo nemico) abbia voluto lanciare ai suoi avversari politici un messaggio molto significativo; facendo “capire di aver capito” e quindi di non volersi limitare a dare il solito “contentino” e “pannicello caldo” ai suoi concittadini, come fanno, con parole più o meno simili, i titolari delle tradizionali istituzioni di vertice?
E può sembrare un “semplice caso” che il Presidente nord-americano, a differenza di ciò che è avvenuto in Italia (con solerzia da taluno considerata persino eccessiva), non ha disposto la conduzione seriale di test(che negli Stati Uniti d’America sono stati veramente pochi, suscitando le critiche, peraltro prevedibili, di tutta la gauche occidentale), al fine, non dichiarato ma intuibile, di non voler fare il gioco degli avversari?
Che necessità c’era di tanto allarmismo se negli States non v’erano le insufficienze (dichiarate) italiane per la terapia intensiva?
La possibilità di un risvolto non “medico” di tutto ciò che sta avvenendo nel mondo nel nome del “coronavirus” è un’idea meno “fantapoltica” di quanto possa sembrare a prima vista.
L’epidemia in corso consente, infatti, di sperimentare, per un prolungato periodo (di reale emergenza o soltanto di misure precauzionali), la possibilità di far cambiare radicalmente le abitudini della gente, riducendo la sua presenza in luoghi di lavoro produttivo comune e o di consumo collettivo nonché i contatti interpersonali (diradandoli drasticamente).
Lo stile di vita dei cittadini, anche dopo la fine dell’epidemia, non sarà verosimilmente più lo stesso che si era sviluppato nella civiltà industriale.
Esso favorirà quel ritorno all’ “arroccamento” e alla chiusura in “compartimenti stagni” che fu proprio del feudalesimo e che potrebbe tornare utile anche alla rinascita di quel medioevale fenomeno socio-economico nella sua “modernissima” e “avveniristica” (secondo i suoi fautori) versione finanziaria.
V’è chi prevede che nella società del capitalismo monetario il lavoro dell’Uomo non sarà necessario, come lo è nell’era industriale, perché basteranno il denaro e la robotica a produrre reddito (per chi, naturalmente, ne abbia già a sufficienza).
In altre parole, l’essere umano nell’economia esclusivamente monetaria (così come il servo della gleba del Medio-Evo) svolgerà un ruolo “robotico” di calcolo e compilazione di moduli che lo terrà fuori da ogni partecipazione individuale (e psicologica) rilevante nel contesto produttivo dei beni; i dipendenti delle banche saranno a stretto contatto con strumenti digitali ma essi li useranno, per così dire “impersonalmente”, come i servi della gleba lavoravano con l’aratro e con la falce.
Intanto nel mondo, a parte Trump (e probabilmente Johnson, ma i segnali non vi sono ancora) i leader politici resteranno in surplace. E molti di essi certamente senza loro danno.
Terzo interrogativo e ultima domanda. E’vero che il problema richiama alla mente il verso oraziano (Desinet in piscem mulier formosa superne) ma è proprio “dietrologia” pensare che, grazie all’allarme mediatico, sapientemente orchestrato dai mass-media, Giuseppe Conte, in Italia, abbia ottenuto, in primo luogo, di poter restare in sella, per la desistenza di Matteo Renzi e di “Italia viva” dal proposito di disarcionarlo e, in secondo luogo, di giungere fino al termine della legislatura per il rinvio del referendum sul provvedimento che prevede la riduzione dei parlamentari?
E che, in Francia, Emmanuele Macron possa beneficiare dei limiti alla circolazione delle persone per le settimanali incursioni dei gilet-gialli?
Domanda finale. Fino a quando durerà la politica di promuovere stati di “depressione” tra i cittadini (e, secondo alcuni medici, per conseguenza inevitabile, anche di “abbassamento dei livelli di difesa immunitaria”)? Per tutta la durata dell’epidemia o fino a quando i mass-media decideranno, su precisa direttiva di chi detiene o condiziona la proprietà, di “ridimensionarla”, scrivendone e parlandone con termini meno angoscianti?
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