Lo stretto rapporto tra scienze agrarie, ricerca biotecnologica e genetica, come fondamentale strumento per ottenere un miglioramento alimentare attento al binomio salute-benessere, all’inaugurazione del 212° Anno Accademico dell’Accademia Nazionale di Agricoltura.
La cerimonia d’inaugurazione del 212° Anno Accademico si è svolto il 15 aprile alle ore 17 presso la Sala dello Stabat Mater del Palazzo dell’Archiginnasio di Bologna (Palazzo dell’Archiginnasio, Piazza Galvani 1, Bologna). I saluti istituzionali sono stati tenuti dal Stefano Bonaccini, Presidente Regione Emilia-Romagna, Davide Conte, Assessore Bilancio e finanze Comune di Bologna, Sindaco di Bologna e Prof. Antonino Rotolo, Prorettore alla Ricerca Università di Bologna. L’inaugurazione è proseguita con gli interventi del Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente Accademia Nazionale di Agricoltura e della Senatrice a vita Prof.ssa Elena Cattaneo. Al termine degli interventi è stato conferito alla Senatrice a vita Prof.ssa Elena Cattaneo il titolo di “Accademico Onorario” dell’Accademia Nazionale di Agricoltura.
Precedentemente all’inaugurazione del 212° Anno Accademico, presso la Sala della Società Medica Chirurgica di Bologna, sono stati nominati 36 nuovi Accademici tra Ordinari, Corrispondenti ed Esteri.
“Ricerca, innovazione, competitività e cultura sono il motore dello sviluppo del Paese dell’Unione Europea. La ricerca, infatti, costituisce l’imprescindibile avvio di ogni processo e caratterizza il patrimonio di tutte le aree del sapere che, tramite essa, garantiscono il loro avanzamento – ha detto il Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente Accademia Nazionale di Agricoltura – La ricerca scientifico-tecnologica ha maggiore impatto sulla collettività, mentre la ricerca bio-medica è la più sentita per le speranze che può aprire e per le sofferenze che può lenire. Appare chiaro che, dal secolo scorso, sia lo sviluppo scientifico che tecnologico, sono andati correlandosi al progressivo benessere e alla salute della collettività, come dimostra l’incredibile aumento della vita media e della qualità della stessa. Infatti, analizzando attentamente il binomio salute-benessere è possibile affermare che un fondamentale contributo è venuto dal miglioramento alimentare, inteso come riduzione di un fattore di rischio primario per ogni popolazione. Oggi è possibile scegliere materie prime in grado di garantire un’alimentazione corretta, di qualità e sicura. Meno sotto i riflettori mediatici e con meno enfasi l’avanzamento scientifico e culturale delle Scienze agrarie e veterinarie hanno determinato tutto questo. In prospettiva la ricerca multidisciplinare tra le Scienze Agrarie e le Scienze della Vita si presenta vincente per garantire ulteriori contributi alla qualità della vita tramite strategie sempre più mirate alla salute dell’uomo e alla tutela dell’ambiente”.
“Il nostro presente, complice la pervasività dei nuovi strumenti di comunicazione, si caratterizza dalla diffusione costante di una rappresentazione della realtà in cui si alimentano contraddizioni e profonde distorsioni. Tra queste vi è una “narrazione al consumatore” che vorrebbe ridefinire il nostro quotidiano, cominciando dal contestare ciò che mangiamo e da come lo produciamo, basandosi sull’affermazione-feticcio naturale=buono. Eppure, la storia dell’uomo è un susseguirsi di metodi e tecniche affinati nelle epoche e nei secoli per difendersi ed emanciparsi dalla natura. Eppure, la natura ci ha “regalato” virus, malattie, carestie, catastrofi – ha spiegato la Prof.ssa Elena Cattaneo – L’uomo, oggi, ha imparato a proteggersi da alcune di queste minacce grazie alle preziose conquiste che la scienza ha raggiunto con fatica e che ha messo a disposizione di tutti noi. Grazie ai vaccini evitiamo malattie che fino a poche decine di anni fa minacciavano la sopravvivenza di tutti noi ad ogni latitudine e sappiamo come mettere al sicuro anche chi non può vaccinarsi. Sempre in ambito medico, grazie alla conoscenza in campo genetico sappiamo sequenziare il Dna in poche ore, scovare alcuni “difetti genetici”, prevedere l’insorgenza di alcune malattie e adoperarci per prevenirle. Abbiamo anche imparato a intervenire per correggere in modo mirato e sicuro una sequenza di DNA con un “taglia e cuci” di precisione. La tecnica del Crispr è, a ragione, considerata rivoluzionaria e ad essa si guarda per sviluppare in futuro trattamenti per le malattie genetiche. Grazie alla tecnologia e all’innovazione abbiamo imparato anche a proteggere le nostre piante dai virus e dai batteri e anche come produrre più cibo e fare in modo che sia sicuro e accessibile. Queste conquiste della scienza hanno rivoluzionato alcune branche della medicina, permesso di evitare sofferenze e di salvare vite. Nessuno, o quasi, in tema di tecnologie genomiche per la cura e prevenzione di malattie dell’uomo ha mai coltivato dubbi, frapposto limitazioni artificiose alla ricerca e all’accesso alle conquiste nel settore.”
“Quando si è trattato di liberare le tecnologie e gli avanzamenti conoscitivi utili a produrre il cibo di cui ci nutriamo e di cui, nei prossimi decenni, ci sarà sempre più bisogno (si stima che nel 2050 la popolazione mondiale sarà di circa 10 miliardi di abitanti) si è avuta la più grande levata di scudi, nutrita dalla diffidenza verso la scienza, di cui abbia memoria. Fino alla fine degli anni ’90 l’Italia era all’avanguardia della ricerca in biotecnologie e genetica applicate alle piante. Sapevamo come salvare il mais dalle fumonisine, le mele dalla ticchiolatura, il pomodoro dai virus, varie piante dall’aggressione di funghi, addirittura aumentando la produzione ed eliminando i semi e con questi il timore della diffusione di alcuni tipi di piante Ogm. Poi tutto è andato letteralmente in fumo. Da allora, nonostante i numeri raccontino di un Paese dipendente dall’estero per le principali commodities e di una bilancia agroalimentare sempre più in affanno, la politica si è comportata come uno struzzo non volendo più né vedere né sentire le prove della scienza e, anzi, incoraggiando una narrazione romantico-bucolica del “ritorno alla madre terra e alla natura” che ha classificato gli agricoltori in buoni (chi pratica l’agricoltura biologica e biodinamica) e “cattivi” (chi utilizza metodi integrati), dipinti come avvelenatori che, incuranti della “Natura”, hanno “inquinato l’economia e il pianeta”
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