Usque tandem

Roma allagata

Espressioni popolari: Ce piove a Roma? Certi goccioloni! Espressioni attuali: Diluvio! Bombe d’acqua!! Allagamenti!!!

Il problema pioggia a Roma c’è sempre stato. La città era sorta sulle rive del fiume sacro anche in relazione al clima ideale e forse alla poca pioggia di quell’epoca precristiana. Poi nei secoli la situazione è peggiorata ed il fiume ha fatto clamorose piene sino a quella del 2006 e del 2012, inondando la città, spesso sommergendo finanche la tomba di Augusto e della stirpe Giulio Claudia costruita imprudentemente sulla riva sinistra.

Lo Stato unitario nel XIX secolo pensò bene di proteggere la città innalzando invalicabili argini, ma riducendo il grande fiume ed il suo vasto porto di Ripetta ad uno stretto corso d’acqua urbano. La protezione dalle esondazioni non ha però protetto dalle piogge violente che sono andate aumentando di intensità e di numero col passare dei decenni e che dovrebbero essere convogliate nel fiume dal sistema fognario urbano alimentato attraverso le caditoie disposte lungo i marciapiedi. Questa ultima soluzione ingegneristica, quella delle caditoie, sembrava eccellente e tale risulta là dove non esistano avvallamenti del piano stradale che raccolgono acqua senza drenaggio e soprattutto dove non si tratti di strade alberate, perché specie fuori del centro storico,  questo tipo di strade, tante, belle e decorative, per la mancata potatura degli alberi, con le piogge violente vedono cadere le foglie in massa che inevitabilmente otturano le caditoie e determinano pozzanghere, acquitrini e laghi. Così i giornali del giorno dopo raccontano di infiniti laghi urbani, di negozi inondati, di automobili impantanate, di traffico impazzito, di nuovi crateri aperti nell’asfalto. Qualche turista può avere l’impressione di avere sbagliato treno essere finito a Venezia!!!

Ho un drammatico ricordo delle alluvioni romane. All’inizio degli anni ‘70 un temporale estivo investì l’intera città ed in particolare il Gianicolo con la zona sottostante di Trastevere. L’acqua scendeva dalla collina e sul viale Trastevere, ex viale del Re, usciva dalle caditoie invece di entrarci e finì con l’invadere i giardini dell’Ospedale Regina Margherita ed i suoi scantinati dove c’era la Radiologia i cui poderosi cavi elettrici finirono sommersi insieme a prezioso materiale radiologico. Le chiamate ai Pompieri ed alle idrovore, non sortirono effetti, così uno sparuto gruppo di medici e tecnici di guardia affrontarono con giovanile incoscienza il pericolo entrando seminudi in quell’acqua a salvare il salvabile.

Il problema delle acque piovane se lo erano posto anche i Romani già nel sesto secolo avanti Cristo. Allora la città era costruita prevalentemente sui colli: la pioggia era una benedizione perché lavava i vicoli dai rifiuti domestici del Palatino, dell’Aventino, del Celio, del Campidoglio, ed inondava la pianura che li separava trasformandola in un enorme acquitrino. Perciò Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo, ultimi due Re di Roma, forti delle esperienze ingegneristiche degli Etruschi fecero costruire un grande canale, la Cloaca Massima, che raccoglieva le acque e prosciugava la pianura dalla Suburra, al Velabro, dai Fori e al Circo Massimo e le scaricava nel Tevere. Il canale allora era scoperto, come poi lo furono nel ventennio quelli della bonifica della pianura pontina ed altri, ma fu coperto pochi secoli dopo in epoca repubblicana. Solo nell’ottocento, dopo l’unità d’Italia, la Cloaca Massima fu collegata alla rete fognaria urbana raccogliendo acque domestiche, industriali e stradali, queste ultime attraverso le caditoie disseminate lungo tutti i marciapiedi della rete viaria urbana asfaltata per scaricarle nel Tevere.

Ma i guasti delle piogge a Roma oltre gli allagamenti comprendono anche le frane come quelle della collina di Monte Mario più volte scivolate ad ostruire la via Olimpica, quelle di viale Tiziano e di Monteverde Vecchio. Insomma tra i tanti guai permanenti della città capitale, ci sono anche quelli ricorrenti del dissesto idrogeologico mai adeguatamente preso in carico dalle Amministrazioni comunali e tanto meno da quella attuale.

Lunedì 2 dicembre. Bollettino di guerra pluviale. Nubifragio di un’ora dalle 19,30. E’ buio: l’acqua viene giù dal cielo in maniera torrenziale. La bomba si abbatte sulla Capitale mettendola in ginocchio nell’ora di maggior traffico, quella del ritorno a casa. Allagate le stazioni Repubblica e Manzoni della linea A della metropolitana. Inondati i sottopassaggi del Muro torto. Difficoltà alla stazione Termini del Metrò con un unico accesso rimasto libero. L’acqua ha invaso anche le stazioni Bologna e Ostiense della linea B. Grande caos per allagamenti sulla via Tiburtina, nelle strade intorno all’Università Sapienza, sulla Portuense, alla Magliana ,alle Terme di Caracalla ed al piazzale del Verano. A via Pinciana l’acqua ha invaso i negozi  a causa delle caditoie ostruite da quantità impressionanti di foglie. Pompieri tutti al lavoro, ma insufficienti per un tale disastro.

Roma allagata

Povera Raggi, dopo i tanti altri guai, la sua Roma è affondata sotto la pioggia, come quella di Alemanno rimase sepolta dalla neve. Si dovrebbe concludere per così dire che forse il Sindaco è un mestiere “contro natura” o meglio con la natura contro, ma non è così. La verità è invece che malgrado sollecitazioni e denunce, l’immobilismo capitolino prevale e la nostra meravigliosa città muore, giorno dopo giorno, coperta di immondizia, di buche, di allagamenti e di frane, oltre che di miseria crescente, disoccupazione, droga e delinquenza.

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Eugenio Santoro

Presidente Fondazione San Camillo- Forlanini - Roma

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