Vado ad abitare in un paese… che è il più bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!…
— E come si chiama?
— Si chiama il «Paese dei balocchi». Perché non vieni anche tu?
….…il carro era già tutto pieno di ragazzetti fra gli otto e i dodici anni, ammonticchiati gli uni sugli altri come tante acciughe nella salamoia. Stavano male, stavano pigiati, non potevano quasi respirare: ma nessuno diceva ohi! nessuno si lamentava. La consolazione di sapere che fra poche ore sarebbero giunti in un paese, dove non c’erano né libri, né scuola, né maestri, li rendeva così contenti e rassegnati, che non sentivano né i disagi, né gli strapazzi, né la fame, né la sete, né il sonno.
Era la fantasia di Carlo Collodi. 1883, l’Italia era diventata da pochi anni una nazione unita e si avviava verso una rivoluzione industriale di primo livello in grado di alleviare almeno un poco la povertà imperante nelle campagne del tempo. Due cose erano necessarie: i giovani e il sapere.
Sapere, non saper fare, conoscenza e non competenza, questo sapeva bene Geppetto e questo voleva per il figlio ancora burattino. Falegname lo sarebbe potuto diventare a bottega, il padre era un vero maestro se ricordate con quanta velocità gli rifece i piedi andati in fumo.
Il pover’uomo era in maniche di camicia, e fuori nevicava.
— E la casacca, babbo?
— L’ho venduta.
— Perché l’avete venduta?
— Perché mi faceva caldo.
Per il sapere, per la scuola il vecchio falegname rinunciò alla giacca pur di comperare l’abbecedario. Libri, altro che balocchi.
E se avessimo invertito tutto e non capito nulla del Pinocchio? Se al potere ci fossero il Gatto e la Volpe? Pensate se avessero paventato a Geppetto la possibilità di una alternanza scuola lavoro?. Rifiuto assoluto, mica scemo Geppetto, per Pinocchio sognava la mobilità sociale che solo la cultura può dare; a quell’età è necessario formare una solida struttura ipotetico deduttiva, dotare il burattino della capacità critica. No, nessun dubbio, con i libri sotto il braccio ed a scuola. Mai il povero Collodi e con lui Geppetto e Pinocchio stesso avrebbero potuto immaginare che con la complicità dello stato e di ministri di destra e di sinistra la società avrebbe costruito lei il paese dei balocchi, facendo intravedere orti dei miracoli il tutto sponsorizzato magari dal ricco padre di Lucignolo imprenditore che produce sistemi digitali di realtà aumentata.
La letteratura di Carlo Collodi proponeva un modello di vita a misura di una società in evoluzione, costruita per la crescita, diremmo oggi, anche se opposto al volere della maggioranza dei ragazzi che a scuola non ci volevano andare. Oggi lo stato fa il contrario, asseconda chi non vuole la scuola distruggendo il sistema dei valori dell’istruzione e facendo passare il tutto per una riforma progressista. Assecondare il pubblico, misurare l’audience, la scuola come la televisione, un grande fornitore di intrattenimento per tutti. Al primo posto ci sono i gusti del pubblico. Solo quelli. Con questo sistema si è smontata la televisione degli anni ’60 che faceva dire ad Antonello Falqui: accanto all’esigenza di accontentare il pubblico nei suoi desideri, ci deve essere anche una volontà di stimolo al buon gusto, a un minimo di senso critico, dall’altra si è scoperto che l’inseguimento del pubblico porta voti. Distrugge il pensiero, blocca la crescita, frena l’economia, ma che importa!!!!! Porta voti. Quindi? Evviva il paese dei balocchi! Prima di tutto giocare e divertirsi, questo il valore supremo, intrattenere, ingannare il tempo, senza sforzo e senza fatica, questa la scelta di fondo, riempire i vuoti senza pensieri, sforzi o fatiche, usando altri vuoti. La cultura? noiosa e faticosa? basta banalizzarla creando ad hoc correnti di pensiero per cui “tutto è cultura” e allora? Venite nel paese del balocchi, cliccate qui e vi apriremo le porte. Via con la sagra della zeppola al posto di Shakespeare dall’incomprensibile intreccio di passioni; via con gli oroscopi scientifici equiparati alle equazioni di Keplero (in democrazia siamo tutti uguali); via anche ad un nuovo percorso tra i miti della Magna Grecia tra benessere ed enogastronomia, però. Si fa, ma non si dice. Il sistema scolastico si smonta, nel paese dei balocchi non serve, si chiama “edutainment”, la tabula rasa delle idee che schiaccia ogni forma di pensiero astratto dentro una mistica da “new age”, dove la frivolezza regna anche sulle passioni, anzi diventa passione dominante. Tranquilli ragazzi, basta con le ansie dei vostri genitori per l’esame di maturità, sarete ammessi all’esame facendo una media. Il paese dei balocchi non fa differenze, la media mette tutto insieme in una grande insalata russa della conoscenza.
Una media? Come si fa la cultura in media? Non si può fare la media tra la conoscenza di Spinoza ed il salto con l’asta senza deprimere la funzione pure importante del secondo. Professori di educazione fisica, vi prego, protestate! Niente astrazioni, poca immaginazione, tanto abbiamo le tecnologie per essere una comunità. Ciattate e non pensate, ciattate, sempre e senza pause, il cervello non si deve fermare. Plin! nuovo messaggio, rispondi. Sto mangiando la lasagna al forno. Chi se ne frega c’è tra le risposte codificate? Non c’è! Perché nel mondo della media tutto ha la stessa importanza, non esistono categorie, non esistono scale di valori. Di fronte al video vale il principio di uguaglianza. Ciatta non ti fermare. Fermarsi significa riflettere e riflettere significa mettersi in attesa di qualcosa, attendere significa sperare, sperare è vietato, è vecchio, rottamato, inservibile, analogico.
Questo vi hanno tolto. La speranza.
Ora sento il bisogno di fare una affermazione di sinistra.
La cultura è soltanto quella prodotta da una elite. Formata, istruita e selezionata per creare buon gusto, canoni estetici e proporre senso critico. La cultura non è la conoscenza, è il presupposto che la consente. Uno stato democratico a cui stia a cuore la crescita culturale del paese ed il diritto allo studio mette tutti, indipendentemente dalla condizione sociale alla nascita, nelle condizioni di poter accedere a quella elite e di contribuire ad accrescerne il prestigio e le capacità in ambito internazionale. Uno Stato antidemocratico, oligarchico ed autoritario cancella l’elite, rende tutto cultura in modo che questa sparisca, misura l’audience, affinché resti solo la divisione sociale di nascita. La scuola, ai miei tempi, era davvero democratica e di massa, con insegnanti davvero esigenti nel controllo degli apprendimenti attenti ai risultati per il futuro di noi studenti e non solo alle metodologie di moda. Per questo che oggi, anche i miei compagni di classe meno fortunati per provenienza sociale sono riusciti ad arrivare in alto. Quella scuola era il motore della mobilità sociale. Averla distrutta è un delitto contro l’umanità.
Lo dicono i docenti, lo dice l’OCSE, l’analfabetismo di ritorno dei nostri giovani è drammatico e frena le competenze necessarie per crescere, convegni, articoli, dibattiti, per il resto nulla. La percentuale di laureati in Italia è pari a quella del Camerun ed è in terzo di quella dei tedeschi. Basta come dato? La risposta? Si organizzano dibattiti e convegni sulla società della conoscenza mentre la politica che gestisce la cultura distrugge la scuola, si dibatte anche di etica: l’intelligenza artificiale e gli umanoidi pensanti. Ma qualcuno si è accorto che il paese produce umani non più in grado di pensare?
Un professore mio amico che vive sulla sua pelle questo disagio lo chiama “genocidio culturale“
Terrei a mente questa definizione senza considerarla pregiudizialmente esagerata, il genocidio si compie attraverso l’eliminazione fisica o attraverso l’annientamento dei valori che sorreggono un popolo o una comunità. In questo caso non si sta cancellando una disciplina: imparate geometria euclidea invece che latino, no si sta annientando scientificamente e metodicamente il pensiero astratto. Con lui si sta annullando ogni possibilità di dare una idea alle cose. Le future generazioni sapranno definire una “sedia”, ma non “la libertà”. Della prima si trova certamente una immagine in internet, della seconda no, non esiste l’immagine di un concetto astratto, un concetto è il frutto di un percorso razionale.
Restano le vittime, a loro il mio ultimo pensiero con le stesse parole del 1883
— Sappi dunque che fra due o tre ore tu non sarai più né un burattino, né un ragazzo…
— E che cosa sarò?
— Fra due o tre ore, tu diventerai un ciuchino vero e proprio, come quelli che tirano il carretto e che portano i cavoli e l’insalata al mercato.
— Oh! povero me! povero me! — gridò Pinocchio pigliandosi con le mani tutt’e due gli orecchi, e tirandoli e strapazzandoli rabbiosamente, come se fossero gli orecchi di un altro.
— Caro mio, — replicò la Marmottina per consolarlo — che cosa ci vuoi tu fare? Oramai è destino. Oramai è scritto nei decreti della sapienza, che tutti quei ragazzi svogliati che, pigliando a noia i libri, le scuole e i maestri, passano le loro giornate in balocchi, in giochi e in divertimenti, debbano finire prima o poi col trasformarsi in tanti piccoli somari.
— Ma davvero, è proprio così?
E’ proprio così Signor Ministro! E’ proprio così, onorevoli deputati e senatori, Fate qualcosa! Oppure, ragazzi, riprendetevi da soli quello che vi spetta, il pensiero, la letteratura, la scienza e l’arte del nostro continente sono un serbatoio inesauribile di spunti per la vita intera. Distruggetelo voi il paese dei balocchi, costruite voi la nuova favola Italiana e vedrete che una bella mattina le stanze della politica saranno semivuote. Si saranno svegliati in molti con le orecchie d’asino. Quello sarà il momento di riempirle di nuovo di cultura e di identità Europea. Tranquilli! Nessun politico è mai vissuto tanto quanto l’Iliade.
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