Trump straccia il patto con l’Iran
Il presidente degli Stati Uniti, senza tener conto degli appelli di Francia, Germania e Regno Unito, ha stracciato il patto sul nucleare sottoscritto a suo tempo da Obama con l’Iran. «Non facciamo più minacce a vuoto. Quando faccio una promessa la mantengo». «L’accordo con l’Iran serve solo alla sopravvivenza del regime a cui permette ancora di arricchire uranio per l’atomica» e gli Usa « non saranno ostaggio di un ricatto nucleare». «Anche se l’Iran facesse tutto quello che gli viene chiesto, il regime sarebbe in grado di produrre la bomba, è solo una questione di tempo». «Lo avevo detto lo scorso ottobre, o si rinegoziava l’accordo o gli Stati Uniti si sarebbero ritirati, l’ho ripetuto a gennaio e sono iniziati lunghi negoziati che non hanno portato a nulla». Parole pronunciate in diretta tv, con la promessa di nuove sanzioni. «Prenderemo di mira settori cruciali dell’economia iraniana come quelli energetico, petrolchimico e finanziario», «entreranno in vigore tra i prossimi tre e sei mesi. Anche se sono pronto, disposto e capace» di negoziare con gli alleati «un nuovo accordo duraturo, perché l’attuale è difettoso all’origine e si fonda su una struttura decadente e marcia». Il presidente Hassan Rouhani (anche lui in diretta tv) ha risposto da Teheran: «L’Iran non abbandonerà l’accordo, anche se gli Stati Uniti non lo hanno mai rispettato». Francia, Germania e Regno Unito «si rammaricano per la decisione di Trump» ma lavoreranno da subito a un «nuovo accordo». Israele si compiace.
Mattarella aspetta, il tormento di Berlusconi
Berlusconi non può permettersi un altro turno elettorale, che porterebbe Forza Italia sotto il 10% (60 deputati invece che 105 e tutti eletti nell’uninominale grazie a Salvini). Secondo i calcoli della Lega a questo punto dovrà per forza dir di sì a un governo Lega-M5s, accettando di mantenere una posizione defilata (astensione non richiesta) o addirittura contraria (magari solo al momento della fiducia). Insistono per un ammorbidimento anche i membri della famiglia e i dirigenti di Mediaset. Mattarella sa del pressing in corso sull’uomo di Arcore, e aspetta a nominare il presidente del consiglio del governo neutrale. Il tandem più accreditato sembra quello formato da Elisabetta Belloni, che guida la dilomazia italiana, e Salvatore Rossi, direttore generale di Bankitalia. Ieri, ricevendo i calciatori di Milan e Juve, a Roma per la finale di Coppa Italia, il presidente della repubblica ha detto: «L’arbitro non si nota quando i calciatori sono corretti. E l’ambizione dell’arbitro è non essere notato». Di Maio ha radunato i suoi e promesso che, se non voteranno per il governo neutrale di Mattarella, saranno tutti rimessi in lista. Renzi intende mettere in lista Gentiloni come candidato premier. L’assemblea del Pd è stata convocata per il 19 maggio. Secondo la Stampa, se non si andrà alle elezioni, un premier gradito sia al M5s che alla Lega potrebbe essere Enrico Giovannini, ex ministro del governo Letta, ex presidente dell’Istat.
Voto a Luglio?
Non si potrà votare prima del 22-23 luglio e a quella data saranno in vacanza più di 15 milioni di italiani. Problemi anche economici, rappresentati dall’assessore al turismo della giunta regionale emiliana: «Quanti turisti rinuncerebbero anche al fine settimana in Riviera perché si vota?».
Soldi regalati ai venticinquenni
A Londra una commissione presieduta dall’ex sottosegretario conservatore all’Istruzione, David Willetts, ha proposto di regalare diecimila sterline (poco più di undicimila euro) a ogni giovane inglese che compie i 25 anni. La somma sarebbe utilizzata per l’acquisto della prima casa, gli studi, l’avviamento di una attività o l’investimento in un fondo pensione. I soldi si otterebbero attraverso una riforma della tassa di successione, oggi al 40% solo per importi superiori al milione di sterline. «I trentenni di oggi hanno la metà delle possibilità di possedere una casa rispetto ai propri genitori e negli ultimi quindici anni il numero di famiglie con figli che vive in affitto è triplicato. A questo si aggiungono la precarietà dei contratti di lavoro e la stagnazione dei salari» [Ippolito, CdS]. Gran dibattito.
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