La fioritura dell’olivo è un sistema complesso ed evoluto che ha nelle condizioni meteo avverse i suoi punti deboli. Abbassamenti termici appena sopra lo zero a maggio possono danneggiare ovario e stilo. Quando un fiore è aperto, sono particolarmente temibili i venti secchi, caldi o freddi.
L’olivo è una specie estremamente evoluta sotto il profilo della sopravvivenza individuale e della salvaguardia della specie, potendo mettere in atto successivamente una serie di strategie che garantiscono entrambi gli obiettivi. Con la crescita si determina la formazione di gemme a funzione riproduttiva, e la quantità di gemme destinate a questa funzione risulta proporzionale alla quantità di crescita (produzione potenziale); questa potenzialità viene regolata già durante la fase di crescita della mignola e dei fiori, in quanto condizioni avverse determinano come prima risposta una rilevante incidenza dell’aborto dell’ovario, e questo garantisce un risparmio di risorse a favore dei fiori ermafroditi, pur consentendo un’adeguata disponibilità di polline nell’ambiente, polline indispensabile per la fecondazione di una specie allogama. Un secondo meccanismo di regolazione può essere inoltre messo in atto tramite il controllo dell’allegagione, che regola la massa dei frutti in grado di completare la maturazione in relazione alla disponibilità di risorse. Nel caso in cui il doppio meccanismo di salvaguardia (formazione di fiori a sola funzione maschile e riduzione della percentuale di allegagione) non fossero sufficienti e quindi si arrivasse ad una produzione superiore alle disponibilità, scatta l’ultimo meccanismo di salvaguardia dell’individuo, che riduce drasticamente la quantità di crescita e quindi riduce drasticamente le possibilità di fioritura nell’anno successivo.
La fioritura in olivo è quindi un fenomeno lungo e complesso che può essere collocato tra l’inizio della differenziazione (febbraio) e l’allegagione (maggio-giugno).
In questo intervallo possono verificarsi eventi climatici in grado di ridurre la produzione, agendo attraverso meccanismi diversi; nelle zone interne dell’Italia nelle vallate sono temibili i freddi tardivi (fino a -2, -3 °C, in genere nel mese di aprile), che possono danneggiare direttamente i tessuti della mignola.
Sono temibili anche gli abbassamenti termici appena sopra lo zero (aprile-maggio), che possono danneggiare nell’ordine lo sviluppo dell’ovario, dello stilo, ed infine ridurre lo sviluppo delle cellule madri del polline, con gravi conseguenze sulla struttura del fiore e sulla capacità fecondante del polline stesso.
Infine, quando un fiore è aperto, sono particolarmente temibili i venti secchi, caldi o freddi che siano, poiché riducono la recettività dello stigma prosciugandolo, le alte temperature, che determinano il veloce disseccamento dello stilo e dello stigma e rallentano la crescita del tubo pollinico, l’elevata umidità dell’aria, che ostacola la diffusione del polline, ed infine, le piogge prolungate, che non solo influenzano la disponibilità stessa di polline, anche attraverso una irregolare schiusura delle antere, ma dilavano rapidamente i tessuti stilari, anche dopo l’impollinazione.
L’insieme di questi fattori concomitanti ha determinato gli areali di distribuzione dell’olivo, sia a livello di territorio, sia a livello di zone geografiche, sia a livello di distribuzione nel mondo.
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