di Stefania Chironi
Fino a 10 anni fa era impensabile parlare di vino naturale come di un prodotto che poteva fare tendenza sul mercato, oggi, invece, se ne parla ovunque ed è sicuramente una di quelle tendenze che riescono a muovere masse e mercati. Ma quali sono le informazioni che hanno i consumatori sui vini naturali?
E’ lecito porsi questa domanda quando si tratta di un argomento che è spesso controverso. Da qualche anno, infatti, tra gli addetti ai lavori è in corso un dibattito sulla correttezza o meno di affiancare il termine naturale alla parola vino. Poiché non esiste una normativa che disciplina la materia, accostare al vino il termine naturale, può contribuire a rendere poco chiare le idee al consumatore e rischiare, invece, di render banale tutto il lavoro, la dedizione e le convinzioni etiche che ci sono dietro la produzione di questi vini.
Una definizione non troppo semplice, ma che neanche rischi di banalizzare l’argomento, può aiutare a delineare il campo: un vino è naturale quando per ottenerlo, l’intervento dell’uomo sia in vigna che in cantina, si limita al minimo indispensabile.
La produzione di un vino naturale vuole essere l’espressione naturale di un terroir, di un gusto che deriva da una vinificazione avvenuta in maniera del tutto naturale. Un vino è naturale quando viene realizzato partendo dalla produzione di uve biologiche, mediante fermentazione spontanea del mosto, senza aggiunta di altre sostanze, fatta eccezione, eventualmente, per piccole quantità di anidride solforosa; i trattamenti sono ridotti al minimo ed impiegati solo se strettamente necessari o, addirittura, non impiegati affatto. È quindi in vigna che nasce il vino naturale, stimolando la crescita delle piante senza forzarne la produttività ed aiutando il terreno a mantenere la propria naturale fertilità. E’ sostanzialmente un ritorno ai metodi di vinificazione dei nostri avi prima che l’avvento della tecnologia contribuisse, da una parte a semplificare il lavoro dei viticoltori, ma dall’altra a determinare il verificarsi di alcuni difetti, come l’appiattimento del sapore e la perdita di carattere.
Il consumatore oggi, di fronte al continuo bombardamento mediatico che tratta allo stesso modo i vini naturali, biologici e biodinamici, certamente, se non è un consumatore esperto dell’argomento non può che trovarsi di fronte ad una grande confusione che si ripercuoterà, inevitabilmente, sulle sue scelte e sulle sue convinzioni, giuste o sbagliate che siano. Data l’assenza di chimica nel processo produttivo, un consumatore si potrà chiedere se i vini naturali sono migliori di quelli convenzionali; se da un punto di vista organolettico si trovano vini buoni e vini meno buoni, sia tra i naturali che tra quelli convenzionali, sicuramente è d’obbligo abituarsi all’idea che il vino naturale può avere connotazioni di colore o di sentori che possono risultare sgradevoli. Da un punto di vista salutistico, un vino prodotto da uva non trattata, con meno additivi chimici (o del tutto assenti), è sicuramente più digeribile e più sano rispetto a un vino convenzionale. Il vitigno trattato naturalmente è in grado di produrre un vino unico, legato al territorio, capace di cambiare di anno in anno, garantendo autenticità e spontaneità; il prodotto che arriva sul mercato è, quindi, un vino ben lontano dall’appiattimento produttivo a cui ci si è abituati in questi ultimi anni.
Tutto ciò è sicuramente affascinante, ma allora perché spesso si sente parlare in negativo o c’è una certa reticenza riguardo ai vini naturali? E, soprattutto, l’assenza di regole di produzione disciplinate dalla legge che crea diffidenza nel consumatore. Ma, certamente, i vini naturali non vanno identificati con i vini biologici che, allo stato attuale, sono gli unici regolamentati dalla legge. E come può, allora, un consumatore fidarsi della naturalità di un vino, vista l’assenza di regole? Le diverse associazioni che promuovono e supportano i vini naturali sono associazioni di viticoltori che producono secondo le regole di un disciplinare interno (le prime sono nate in Francia, ma si sono poi diffuse anche nel resto del mondo), tutte seguaci di scuole di pensiero similari (Steiner, Fukoaka).
Per molti produttori, ma anche per la maggior parte dei consumatori di vini naturali, la presenza di un disciplinare in materia è superflua. Fare vino in modo naturale è un’attitudine che risponde ad una filosofia di vita e di lavoro. Non è un metodo riproducibile, né brevettabile poiché risponde alle competenze artigiane culturali e tipiche di un territorio, con clima, suoli e stagionalità che sono diversi da regione a regione. Oggi, in assenza di una specifica legge, la migliore certificazione per un vino naturale è il rapporto di fiducia e di conoscenza diretta che si instaura col produttore che, spesso, è ben più importante di qualsiasi certificazione.
Il mercato dei vini naturali è un mercato difficile da quantificare poiché molti vini sono venduti senza alcuna menzione sull’etichetta. Nonostante non siano disponibili statistiche ufficiali a livello mondiale sull’effettiva produzione, vi è la possibilità di stimare volumi di vendite e trend, valutando altri parametri, come la crescita delle fiere di settore e l’aumentata consapevolezza da parte di quei consumatori che hanno deciso di sposarne la filosofia. In Italia la tendenza al consumo dei vini naturali, così come nel resto del mondo, è in costante aumento, ed anche qui lo testimoniano il numero di produttori, in aumento, presenti alle sempre più numerose fiere in tema.
Le stime danno l’1,64% della superficie viticola italiana e lo 0,74% della relativa produzione come vini naturali; numeri molto bassi, ma sicuramente cresciuti nel corso degli ultimi 10 anni e in costante crescita anche nel resto del mondo. Vinnatur, associazione che riunisce viticoltori naturali da tutto il mondo, conta oltre 170 produttori di 9 diversi paesi, ognuno con una sua storia e un sogno comune: produrre vino naturalmente buono. L’associazione, fornisce qualche numero e, per l’Italia intercetta 136 produttori distribuiti in 19 regioni, con il 25% in Veneto, 19% in Toscana, 11% in Piemonte, 10% in Sicilia ed Emilia Romagna, 8% in Lombardia, 5% in Puglia, 4% in Campania ed Abruzzo, 3% in Lazio, e l’1% nelle restanti regioni.
Maggiore precisione nelle informazioni, attraverso la comunicazione o il marketing, si può tradurre in minor confusione e maggior consapevolezza nelle scelte di acquisto e nelle opinioni che ciascun consumatore si farà al riguardo. I vini naturali, pertanto, potranno essere considerati più una realtà produttiva, seppur di nicchia, e, certamente meno, una provocazione e riconosciuti ed apprezzati anche per i prezzi più elevati che assumono sul mercato.
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