Di Antonello da Messina (1430 – 1479), al pari di altri immensi artisti, restano purtroppo poche straordinarie opere, scampate a tragici avvenimenti naturali come alluvioni, terremoti, maremoti e all’incuria e ignoranza degli uomini; quelle rimaste sono disperse in varie raccolte e musei fra Tirreno e Adriatico, oltre la Manica, al di là dell’Atlantico; molte hanno subito in più occasioni pesanti restauri che hanno alterato per sempre la stesura originaria, altre sono arrivate sino a noi miracolosamente intatte.
La mostra, aperta dal 21 febbraio al 2 giugno 2019 a Palazzo Reale di Milano – frutto della collaborazione fra la Regione Siciliana e il Comune di Milano-Culturacon la produzione di Palazzo Reale e MondoMostre Skira, curata da Giovanni Carlo Federico Villa – è da considerarsi come uno degli eventi culturali più rilevanti, all’interno del panorama nazionale e internazionale, per l’anno 2019. Una occasione unica e speciale per entrare nel mondo di un artista eccelso e inconfondibile, considerato il più grande ritrattista del Quattrocento, autore di una traccia indelebile nella storia della pittura italiana.
In realtà Antonello era molto richiesto nel capoluogo lombardo già nel Quattrocento. Si narra che la fama del maestro, mentre era ancora in vita, fosse giunta anche in quella città dove era da poco venuto a mancare Zanetto Bugatto, apprezzato pittore formatosi nella scuola del fiammingo Rogier van der Weyden. E così l’allora duca Galeazzo Maria Sforza aveva incaricato il suo segretario Cicco Simonetta di scrivere all’oratore veneziano Leonardo Botta perché convincesse il “pictore ceciliano”, che a quel tempo viveva a Venezia, di eseguire lavori presso la corte milanese. Correva la primavera del 1476 quando Pietro Bon rispose che il “solennissimo depentore” siciliano era al lavoro per terminare una pala che “serà de le più eccellenti opere de penelo” in Italia e nel mondo. Quella in questione era la straordinaria Pala di San Cassiano, che venne terminata poco dopo. Ma la storia ebbe il suo corso e Galeazzo Maria, trucidato alla fine del medesimo anno, non ebbe mai Antonello al suo servizio.
E invece, dopo oltre 500 anni, il siciliano considerato il più grande ritrattista del Quattrocento omaggia Milano con un percorso incentrato su alcune opere iconiche dell’artista, frutto di un lavoro collettivo di numerose istituzioni e di un gemellaggio tra Sicilia e Lombardia. Antonello da Messina è uno di quei rari pittori che parlano a un pubblico vario. Il grande mito intorno alla sua figura continuò a circolare anche 80 anni dopo la sua morte, al punto che Vasari incontrò non poche difficoltà a reperire informazioni sul maestro siciliano. Partendo dalla sua Sicilia, cuore degli scambi culturali nel Mediterraneo, Antonello realizza una pittura che è“sintesi prospettica di forma e colore”. Il figlio Giacobello, nel sottolineare la divinità di un artista ammirato ancora oggi, si definì “figlio di un pittore non umano”. Ed in effetti il suo grande merito fu quello di esser riuscito a realizzare una sintesi delle emozioni, di aver saputo cogliere in un sorriso l’uomo, trasferendolo nella sfera del sacro. Il percorso avrà come guida d’eccezione Giovanni Battista Cavalcaselle, il primo storico dell’arte a realizzare il catalogo delle opere del pittore.
Saranno i suoi taccuini e i disegni ad accompagnare il visitatore alla scoperta dell’artista siciliano. Grazie alla straordinaria collaborazione attivata negli anni con la Biblioteca Marciana di Venezia verranno, infatti, presentati in mostra 19 disegni, di cui 7 taccuini e 12 fogli, dei quali alcuni su doppia pagina di Cavalcaselle, con la delicata ricostruzione del primo catalogo di Antonello. “Si tratta di una mostra che per la qualità delle opere esposte e la delicatezza dei prestiti ha messo a dura prova il nostro dna – ha affermato Vita Zelman, presidente di MondoMostre Skira – Palazzo Reale è ormai diventato la prima sede espositiva italiana. Già nel 2015 aveva ospitato la grande mostra su Leonardo, seguita da quella dedicata a Caravaggio che ha registrato oltre 400mila ingressi. Anche Antonello da Messina promette bene: in soli 5 giorni ci sono state 11mila prenotazioni”.
Dei 35 lavori a noi giunti, 19 saranno in mostra a Palazzo Reale, a cominciare dall’Annunciata, sublime icona e sintesi dell’arte di Antonello, con lo sguardo e il gesto della Vergine rivolti alla presenza misteriosa che si è manifestata. Accanto a uno dei più alti capolavori del Quattrocento italiano in grado di sollecitare in ogni spettatore emozioni e sentimenti, sfilano le eleganti figure di Sant’Agostino, San Girolamo e San Gregorio Magno, forse appartenenti al Polittico dei Dottori della Chiesa, tutti provenienti da Palazzo Abatellis di Palermo. L’enigmatico sorriso del celeberrimo Ritratto d’uomo in prestito dalla Fondazione Culturale Mandralisca di Cefalù, utilizzato originariamente come sportello di un mobiletto da farmacia e conosciuto nella tradizione locale come “ignoto marinaio”, incontra il San Girolamo nello studio in arrivo dalla National Gallery di Londra. Il Ritratto di giovane, dal Philadelphia Museum of Art, l’incantevole Madonna col Bambino, dalla National Gallery di Washington, il Ritratto di giovane uomo dal Museo statale di Berlino dialogano con il trittico con la Madonna con Bambino, il San Giovanni Battista e il San Benedettoe ancora con il poetico Cristo in pietà sorretto da tre angeli, approdato a Milano dal Museo Correr di Venezia, l’Ecce Homo/Cristo alla colonna dal Collegio Alberoni di Piacenza, in cui l’Artista messinese condensa e sublima l’umanità del Figlio di Dio tra lacrime, dolore e delusione.
Ha scritto Giorgio Montefoschi nel Catalogo della Mostra: “Guardiamo, intanto, e riguardiamo l’Ecce Homo di Antonello da Messina. Sappiamo che nei quattro Vangeli Cristo, fisicamente, non è descritto. Mai. Non conosciamo forma e dimensioni del suo corpo, il colore dei suoi occhi, quello dei suoi capelli. Il suo è un ‘corpo nascosto’. Dobbiamo dunque immaginarcelo il corpo e il volto di Cristo: come era, come si muoveva, che voce aveva Gesù quando parlava, quando divideva il pane, quando si faceva ungere il capo, quando era solo nel deserto della Giudea,, quando percorreva le strade della Samaria e della Galilea, quando pregava nell’orto. Possiamo soltanto immaginarlo, perché-e questo è stupefacente in un racconto sull’incarnazione di Dio in un corpo umano, sulla crocifissione di un corpo, e sulla resurrezione di un corpo-i quattro evangelisti hanno pensato di non dover dire nulla. Ma se il suo volto è quello che ha dipinto Antonello-il volto della sofferenza degli ultimi-è lui che vogliamo amare e amiamo”.
Una sezione della mostra esplora invece il rapporto dell’artista con la sua città nataleattraverso i pochi referti sopravvissuti, relativi alla sua vita, in parte distrutti dai tragici eventi naturali, in particolare i terremoti. Cavalcaselle seguì Gaetano La Corte Cailler, un erudito messinese che trascrisse i documenti notarili relativi agli eventi della famiglia del pittore, dal testamento della nonna a quello dello stesso Antonello, datato febbraio 1479. Non restava altro di lui, nemmeno le spoglie che un’alluvione aveva disperso in un antico cimitero. L’antica Messina, già distrutta e poi ricostruita nel 1783, fu definitivamente rasa al suolo alle 5.21 del 28 dicembre 1908 dal disastroso terremoto. La mostra si avvale del catalogo pubblicato da Skira con tutte le immagini delle opere esistenti e riconosciute di Antonello da Messina e con una sezione storico artistica che racchiude i saggi di Giovanni Carlo Federico Villa, Renzo Villa, Gioacchino Barbera e cinque testi letterari rispettivamente di Roberto Alajmo, Nicola Gardini, Jumpa Lahiri, Giorgio Montefoschi e Elisabetta Rasy.
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