Il piacere dei sensi

Omofonia contagiosa


Forse non guasta del tutto pensare a intermezzi leggeri ‒ o addirittura giocosi ‒ in un periodo particolarmente triste come quello che si sta attraversando, certamente denso di considerazioni serie; ma l’eventuale disagio a dirne può essere mitigato dal sempre citato Huizinga, il quale avverte come anche il gioco è cosa seria e non c’è nulla di più serio di esso.

Per quanto riguarda “Il piacere dei sensi”, titolo di queste divagazioni, c’è da precisare che non si tratta di erotiche sensazioni, di corpi nudi, ma soltanto di significati, coperti o scoperti che siano, di significati effettivi o di larghe allusioni delle quali è capace il gioco di parole. Espresso più chiaramente, si vuole riferire di forme epidemiche della parola, di fenomeni di contaminazione verbale.

Virus è parola che viene ripetuta di continuo e drammaticamente in questi mesi. Verso gli anni ’70 del secolo scorso lo scrittore statunitense William S. Burroughs arrivò a sostenere che il virus più pericoloso in circolazione fosse il linguaggio; la parola, diceva, è un virus perché si tratta di un organismo senz’altra funzione interna che quella di replicare sé stessa. La parola entra nella nostra mente condizionando il nostro pensiero, anzi, diventa il nostro pensiero, colonizzandolo come un parassita; il linguaggio, dunque, realizza proprio i suoi fini. L’uomo non parla una lingua, l’uomo è parlato da una lingua, ne è posseduto.

La cantatrix sauve è un lavoro scritto a più mani, da alcuni membri del gruppo francese dell’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle). In viaggio in auto per Lione, questi amici e colleghi, dopo essersi fermati a pranzo, lottando contro una certa sonnolenza postprandiale, presero a conversare dell’incomparabile Montserrat Caballé. Bastò il nome di quella sublime interprete per scatenare dentro l’auto una febbre omofonica diventata presto furore che catturò e continuò a possedere il gruppo ben oltre il viaggio. Se quel furore trovò fine fu soltanto perché il gruppo era ormai giunto alla 101a metamorfosi del nome della cantante; non solo, ma anche perché, dal pubblico assiepato in una sala in attesa che quegli autori parlassero loro di letteratura, cominciava a emanare una esasperazione muta ma crescente.

Bastano solo alcune delle 101 metamorfosi per dare idea degli effetti di quella contagiosa febbre omofonica:

1. Un uomo cheabitava un granaio lasciava pendere dalla finestra una corda alla quale sospendeva la borsa della spesa. Quando usciva, faceva scendere la borsa fino alla strada; una volta rientrato la tirava sù. Quelli che andavano a trovarlo sapevano che era in casa vedendo la sua MANSARDE À CABAS LIÉ (mansarda a borsa legata).

6. «Il mio amico spagnolo, arrivando nella mia ignobile spelonca e sentendomi brontolare contro la sporcizia che mi circonda, grida: MON SER, T’AS QU’À BALAYER!» (mio caro, non hai che da spazzare!)».

11. «All’uscita di un Consiglio dei Ministri, il portavoce dell’Eliseo nota che il presidente della repubblica ha l’aria seccata. Gli chiede perché. “Non so cosa succede”, risponde Giscard, “ma ho come la sensazione che il mio primo ministro non sia più così attento come in passato agli affari del governo”: MON CHIRAC A BÂILLÉ (il mio Chirac ha sbadigliato)».

18. «Il 20 gennaio 1793, l’infelice Luigi XVI disse a Maria Antonietta: “Ho paura della ghigliottina”. Ella gli rispose: MON CHER, T’AS QU’À PAS Y ALLER! (mio caro, non hai che da non andarci!)».

25. «L’innamorata mormora al focoso amante: “ti preferisco nudo, MON CHÉRI, QU’HABILLÉ!” (mio ciccino, anziché vestito!)».

46. «Un estremista di destra, esasperato, entrò un giorno nella libreria Maspéro gridando: MAO SERA ÉCRABOUILLÉ! (Mao sarà stritolato!).

Divenne poi anche urgente… che le inimitabili invenzioni prodotte nel córso di quella frenetica giornata fossero un giorno consegnate al pubblico (“La cantatrix sauve”, in La Bibliothèque Oulipienne, vol. I, éd. Ramsay, Paris, 1987).

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Raffaele Aragona

Raffaele Aragona (Napoli), ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università di Napoli “Federico II”. Giornalista pubblicista, ideatore e promotore dei convegni di caprienigma, è tra i fondatori dell’Oplepo. Per la “Biblioteca Oplepiana” ha scritto La viola del bardo. Piccolo omonimario illustrato (1994) e molti altri lavori in forma collettanea. Autore di Una voce poco fa. Repertorio di vocaboli omonimi della lingua italiana (Zanichelli, 1994), ha curato per le Edizioni Scientifiche Italiane, i volumi: Enigmatica. Per una poietica ludica (1996), Le vertigini del labirinto (2000), La regola è questa (2002), Sillabe di Sibilla (2004), Il doppio (2006), Illusione e seduzione (2010), L’invenzione e la regola (2012). Sono anche a sua cura: Antichi indovinelli napoletani (Tommaso Marotta, 1991, ried. Marotta & Cafiero, 1994), Capri à contrainte (La Conchiglia, 2000), Napoli potenziale (Dante & Descartes, 2007) e il volume Italo Calvino. Percorsi potenziali (Manni, 2008). Ha pubblicato il volumetto Pizza nella collana “Petit Précis de gastronomie italienne” (Éditions du Pétrin, Paris, 2017). È autore di due volumi per le edizioni in riga (2019): Enigmi e dintorni e Sapori della mente. Dizionario di Gastronomia Potenziale. Il suo Oplepiana. Dizionario di letteratura potenziale è pubblicato da Zanichelli (2002).

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