Il piacere dei sensi

Incudine e martello

Un altro autore di un particolare genere di enigmi è il materano Tommaso Stigliani (1573-1651); a lui si devono, tra l’altro, alcune composizioni in apparenza scollacciate, ma che in realtà nascondono una “soluzione” del tutto ordinaria. È l’impronta comune a tanta enigmistica di quei secoli, un sistema per far divertire doppiamente le maliziose madonne dei salotti e delle corti: oltre che con lo spinto ardire dei versi, con il raffronto, a soluzione chiarita, tra l’audacia della proposizione e l’ingenuità del concetto.

Tommaso Stigliani

Questa “ottava” dello Stigliani nasconde, ad esempio, l’incudine e il martello:

Femina, e maschio un sopra l’altro stava,
questo moveasi, e quella era fermata.
Il maschio, in seno à lei, credo, appuntava
un cotal duro con cima arrossata.
Ed essa gemea sì, che ben mostrava
d’esserne fortemente martellata.
In somma il gioco si condusse à tale,
che fù lavato il capo à quel cotale.

Quest’altra sua ottava, per nulla osé, ha invece per soluzione le forbici:

A un tempo stesso io sono un solo, e due
e fo due ciò ch’er’uno primamente,
una m’adopra con le cinque sue
contra infiniti ch’in capo ha la gente.
Tutto son bocca dalla cinta in sue
e più mordo sdentato che con dente.
Dinanzi e drieto ho due bellichi siti,
gli occhi ho nei piedi e spesso agli occhi i diti.

Catone l’Uticense, lucchese, pseudonimo anagrammatico di Leone Santucci (1636-1724), in questo sonetto nasconde la sciabola:

Femmina io sono, Amazzone guerriera,
e il nome mio fra i cavalieri è chiaro
per fasto anch’io, delle Regine al paro,
guardie armate ho d’intorno e giorno e sera.

Questa pelle d’uccisi, orrida e nera,
che avvolgo al sen sul bellicoso acciaro,
ornamento non è per mio riparo,
che ignuda vo’ quando combatto altera.

Per dove passo empio di sangue e morte,
e quando par che mia virtù s’arrende
e si pieghi pugnando, io son più forte:

grido al mortale allor (né so se apprende
malgrado suo la minacciata sorte)
che da un filo sottil la vita pende.

Il reverendo Giovan Battista Taroni, letterato e sacerdote bolognese, vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, è l’autore dei Cento nodi da sciogliere.

I nodi sono una completa rassegna di soggetti da enigma, tutti esposti in ottave, come questa che cela il vino:

Esce, talor, da sotterranea stanza
un mostro ingannator, che all’uom fa guerra;
mostro in vario color, varia sembianza,
dolcemente il lusinga e poi l’afferra,
e se, con troppo ardir, l’oste avanza
con assalti di bocca alfin l’afferra.
E questo suo poter, che ha dal destino,
sembra un dono infernale ed è divino.

Antonio Malatesti (Firenze, 1610-1672), autore dall’ingegno vivace ed estroso, è certo l’enigmografo di maggior rilievo di questi secoli.

Malatesti fu apprezzatissimo dal Fanfani, che lodò moltissimo la sua Sfinge, ove «la poesia è ricca di belle e graziose immagini» e «il velo dell’enimma è sempre tessuto con perfetta ed elegantissima maestria, né sempre il penetrar dentro è leggiero», ma anche dai fiorbntini del suo tempo, se ebbe l’onore di essere tumulato in Santa Croce; il libro è la spiegazione di questo suo sonetto:

Quel ch’io ho detto e ridico, ridirollo,
se non basta una volta, quattro, e cento,
che sebbene alle volte io so ch’io mento,
non vo’ disdirmi, se n’andasse il collo.

Legato sì, che dar non posso un crollo,
son da una parte, e pesto anco mi sento;
e se tagliommi un marzïal strumento,
ben vedere alle margini farollo.

Una ferina spoglia addosso porto,
e muto faccia ognor s’io son guardato,
ed ho il mio fine innanzi ch’io sia morto.

Il nome tengo di chi mi ha creato,
e s’egli in farmi non fu bene accorto,
senz’andare all’inferno io son dannato.

Malatesti è anche autore de volumetto La Tina, contenente cinquanta “equivoci” maliziosi, cinquanta sonetti d’argomento erotico e ambientazione rusticale.

A proposito dell’enigma dello Stigliani sù riportato, è significativo il raffronto con questo indovinello moderno (ne è autrice Mirella Bein Argentieri), che offre la medesima soluzione, ma con “metodi” ben diversi:

TRA MOGLIE E MARITO

Lui mi ricorda Carlo… Sài, la picchia,
la vuole sottomessa e in più.. cornuta.
Ma lei non si scompone e, a pensar bene,
metter dito tra lor non ti conviene.

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Raffaele Aragona

Raffaele Aragona (Napoli), ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università di Napoli “Federico II”. Giornalista pubblicista, ideatore e promotore dei convegni di caprienigma, è tra i fondatori dell’Oplepo. Per la “Biblioteca Oplepiana” ha scritto La viola del bardo. Piccolo omonimario illustrato (1994) e molti altri lavori in forma collettanea. Autore di Una voce poco fa. Repertorio di vocaboli omonimi della lingua italiana (Zanichelli, 1994), ha curato per le Edizioni Scientifiche Italiane, i volumi: Enigmatica. Per una poietica ludica (1996), Le vertigini del labirinto (2000), La regola è questa (2002), Sillabe di Sibilla (2004), Il doppio (2006), Illusione e seduzione (2010), L’invenzione e la regola (2012). Sono anche a sua cura: Antichi indovinelli napoletani (Tommaso Marotta, 1991, ried. Marotta & Cafiero, 1994), Capri à contrainte (La Conchiglia, 2000), Napoli potenziale (Dante & Descartes, 2007) e il volume Italo Calvino. Percorsi potenziali (Manni, 2008). Ha pubblicato il volumetto Pizza nella collana “Petit Précis de gastronomie italienne” (Éditions du Pétrin, Paris, 2017). È autore di due volumi per le edizioni in riga (2019): Enigmi e dintorni e Sapori della mente. Dizionario di Gastronomia Potenziale. Il suo Oplepiana. Dizionario di letteratura potenziale è pubblicato da Zanichelli (2002).

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