Lettera da

L’America affronta male Omicron

Sembra quasi che a dirigere le emergenze Omicron negli Stati Uniti sia arrivato il ministro italiano della Salute Roberto Speranza. Il caos é totale: i media tradizionali, specialmente televisivi, fanno una campagna terroristica per cercare di recuperare un pó di lettori e spettatori con servizi sensazionalistici e senza un minimo di equilibrio. I non-vaccinati stanno causando problemi agli ospedali ed una seria minaccia alla salute pubblica.

I governanti (a livello statale e federale) cambiano opinione ogni giorno (prima 10 giorni di isolamento per i contagiati, poi solo sette, anzi solo cinque). C’é anche confusione sulla pronuncia: “Omnicron” invece che Omicron.

Alcuni esperti ritengono che Omicron sia molto contagiosa anche perché i sintomi sono lievi e molte persone non sanno nemmeno di essere positivi.

Altri esperti citano il numero elevato di contagi, senza specificare il numero esiguo di ricoveri per i vaccinati. I pazienti con patologie pre-esistenti si arrabbiano perché i non-vaccinati occupano letti che spetterebbero a loro, altri addirittura vorrebbero che i volutamente e testardamente non-vaccinati non vengano nemmeno ammessi negli ospedali pubblici.

Alcune persone propongono che le spese mediche dei non-vaccinati vengano addebitate a loro o che almeno vengano aumentate le polizze delle assicurazioni sanitarie (il costo medio per ogni ricoverato con Covid in ospedale é di $24.033). Dopotutto ci sono anche no-vax contagiati che, seppur ricoverati nei reparti di terapia intensiva, insistono nella loro propaganda contro le vaccinazioni (come nel montaggio fotografico). Questo pur sapendo che l’85% dei ricoverati in ospedale non é vaccinato (fonte: Paterson Center on Health Care) e che il 98% dei decessi per Covid non é vaccinato (fonte: Augusta University).

Poi c’é da gestire la carenza di personale per tanti servizi, come le consegne, i viaggi aerei, gli infermieri, i lavoratori dei supermercati, il corpo insegnante, che si trovano in quarantena (ed ecco perché la riduzione del periodo di isolamento).

E c’é anche il fattore dei lunghi tempi richiesti per i tamponi molecolari e la scarsitá di quelli rapidi (antigenici) a causa delle tante persone che pensano di esser state esposte al contagio e vogliono tamponarsi. Qui interviene il dilemma: se ci si tampona subito il test potrebbe uscire negativo perché occorrono almeno tre giorni per far emergere il virus, se ci si tampona con l’arrivare dei sintomi, il contagiato é giá infettivo.

Naturalmente il problema potrebbe attenuarsi con l’uso diffuso della mascherina, ma alcuni americani pensano che infettare (e potenzialmente uccidere) il prossimo, faccia parte della loro libertá individuale.

Per i viaggi aerei, negli Usa si sta creando ancor piú confusione. Basterebbe richiedere il certificato di vaccinazione e la mascherina nei voli nazionali e, in aggiunta, mostrare il risultato negativo di un tampone per i voli internazionali, e si aumenterebbe di molto la sicurezza sanitaria in volo. Invece no. Le linee aeree americane richiedono solamente di indossare la mascherina a bordo, e per i voli internazionali richiedono una serie di auto-certificazioni che al momento del check-in vengono scarsamente controllate. Il bello, anzi il brutto, é che per i tamponi a livello privato é ormai in atto una speculazione selvaggia. A New York City un turista straniero paga fino a $150 per un test rapido in farmacia. Se eseguito in aeroporto il costo lievita a $200.  

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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