Parola di Direttore

Tutela del consumatore. Occorre sapere come è fatto il cibo! E va scritto in etichetta.

C’è bisogno di nuove regole. Troppe frodi, troppi prodotti truccati, troppi danni alla salute. La domanda e l’offerta non possono stare in un libero mercato in cui è facile truffare il cittadino, perché è un libero mercato selvaggio. Ci vogliono regole. E le regole con cui oggi si governa il mercato sono vecchie. Spesso sono regole funzionali agli interessi dell’industria alimentare.

Faccio un esempio: per fare l’olio di semi bisogna fare una farina di semi, per fare la pasta con quella farina ci vuole un solvente chimico e l’industria usa l’esano, un noto solvente per la lavorazione del petrolio. È velenoso ma entra nel processo di produzione dell’olio di semi e lo scienziato dice “ma che problema c’è? Alla fine del processo ne rimane una modica quantità”. Secondo una ricerca condotta dal dipartimento di scienze biomediche della Georgia State University, pubblicata sulla rivista British Medical journal, gli emulsionanti carbossimeticellulosa e il polisorbato 80, molto usati dall’industria alimentare, sono in grado di modificare il microbiota alterandone l’espressione genetica tali da favorire fenomeni infiammatori e la comparsa di sindrome metabolica. Queste due sostanze, prese in esame, si possono trovare in molti alimenti perché utili ad aumentare la stabilità e la durata dei prodotti da forno, salse, creme. E quei bei gelati lucenti e cremosi.

Si mangia ovunque, si mangia ogni cosa, senza sapere “cosa” si mangia

Il cibo è uscito dalle case ed è diventato paesaggio urbano spalancando nuovi spazi e nuovi modi di stare insieme per un’umanità a banda larga. Si mangia ovunque. Si mangia a casa, al ristorante, per la strada, si mangia qualsiasi cosa e quello che si mangia non si sa cos’è. Le etichette sono opache, quando non sono oscure. Non basta inserire gli ingredienti in etichetta. Gli ingredienti e la loro origine, pur tra molti ostacoli e opposizioni, li abbiamo ottenuti, ma il processo di produzione e i suoi componenti ancora no.

Cibi preconfezionati. Photo credit: Italiano Sveglia

Su questo l’industria alimentare fa una ferma difesa dello status quo perché spesso nel processo di produzione si utilizzano solventi come quelli citati, che hanno a che vedere direttamente con la nostra salute. Se ho un’allergia e compro un alimento in cui durante il processo di produzione è stata aggiunta una sostanza a cui sono allergico, io non lo so: ho comprato quel cibo, l’ho mangiato e sono stato male. Ma non posso sapere da che dipende, perchè non so cosa c’è stato messo in quel prodotto.

Allora bisogna riscrivere le regole e bisogna scrivere regole nuove che costringano l’industria agroalimentare a smettere di fabbricare cibo che può nuocere alla salute dei cittadini.

Solo da qualche tempo oltre al prezzo il consumatore legge l’etichetta. E allora se legge l’etichetta noi dobbiamo iniziare a scrivere sull’etichetta ciò che la confezione contiene. Per esempio il consumatore legge “quest’olio ha subito un processo di deodorazione”, se gli piace l’olio deodorato,  lo compra, se non gli piace non lo compra. Il consumatore informato sceglie. Certamente non vogliamo impedire che l’industria faccia i suoi prodotti, vogliamo soltanto che dica come li fa. L’olio Cuore fa bene al colesterolo, è scritto sulla confezione, sarebbe meglio scrivere “fa bene al colesterolo ed è fatto con l’esano”. Poi il consumatore sceglie: se gli piace l’esano lo compra.

Nuove leggi a tutela del consumatore

Si possono fare buone leggi. Per esempio è stata fatta una legge sull’olio che riconosce che l’unico vero produttore di olio è il frantoio artigiano. Poi ci sono i confezionatori che comprano l’olio e lo mettono nelle bottiglie e ci sono gli agricoltori che coltivano le olive. L’unico vero produttore è il frantoio artigiano. All’articolo 2 la legge dice che chi fa l’olio è il mastro oleario e ha un albo professionale. Vorremmo che tutti coloro che fabbricano cibo avessero un albo professionale, e una professionalità certificata, perché il cibo non lo può fare chiunque. Perché il cibo è peggio di una pistola.

In questo contesto è chiaro che va favorito l’artigiano del cibo perché l’artigiano del cibo non usa solventi, non usa la chimica, è legato al territorio, alla storia, alla sua tradizione, alla sua qualità. L’artigiano non truffa il consumatore perché ha una faccia da difendere.

Photo credit: The Dinky Donkey

Ha ragione il professor Pacelli quando sottolinea l’inerzia di Governo e Parlamento nell’assumere precise scelte in proposito. “E’ stato un grave errore: il made in Italy, compreso il prodotto industriale italiano, veramente e non solo perchè prodotto in Italia, ma anche in quanto rispettoso delle sue caratteristiche tradizionali, si tutela veramente qualificandolo in base a questa caratteristica, adeguatamente garantita dal potere pubblico”.

Vogliamo sperare che la nuova classe dirigente che sarà eletta il 4 marzo saprà interpretare nel modo giusto la domanda di trasparenza dei consumatori e il loro diritto ad un cibo sano. Sarà il modo giusto per celebrare l’anno del cibo italiano.

Il famoso boss mafioso Denaro di Trapani ha costruito il suo impero in Sicilia con il commercio di olio di oliva. Non con la droga, perché commerciare l’eroina, la cocaina, è pericoloso mentre qualche tonnellata di grasso spacciato per olio d’oliva in un container su una nave se ti “beccano” non è un crimine, è un reato amministrativo, paghi la multa e vai a casa. Infatti non hanno arrestato i dirigenti della Deoleo che hanno fatto la frode in commercio della Carapelli, la Procura di Torino gli ha fatto una multa.

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Giampaolo Sodano

Artigiano, mastro oleario, giornalista e dirigente d’azienda, Giampaolo Sodano è nato a Roma. Prima di vincere nel 1966 un concorso ed entrare in Rai come funzionario programmi svolge una intensa attività pubblicistica come critico letterario e cinematografico. Nel 1971 è giornalista professionista. Nel 1979 è dirigente d’azienda della RAI. Nel 1983 è eletto deputato al Parlamento. Nel 1987 torna all’attività professionale in RAI ed è nominato vice-presidente e amministratore delegato di Sipra e successivamente direttore di Raidue. Nel 1994 è direttore generale di Sacis e l’anno successivo direttore di APC, direzione acquisti, produzioni e coproduzioni della Rai. Nel 1997 si dimette dalla RAI e diventa direttore di Canale5. Una breve esperienza dopo della quale da vita ad una società di consulenza “Comconsulting” con la quale nel 1999 collabora con il fondo B&S Electra per l’acquisizione della società Eagle Pictures spa di cui diventa presidente. Nel 2001 è eletto vicepresidente di ANICA e Presidente dell’Unidim (Unione Distributori). Dal 2008 al 2014 è vicepresidente di “Sitcom Televisione spa”. E’ stato Presidente di IAA. Sezione italiana (International Advertising Association), Presidente di Cartoons on the bay (Festival internazionale dei cartoni animati) e Presidente degli Incontri Internazionali di Cinema di Sorrento. Ha scritto e pubblicato “Le cose possibili” (Sugarco 1982), “Le coccarde verdemare” (Marsilio 1987), “Nascita di Venere” (Liguori editore 1995). Cambia vita e professione, diventa artigiano dell’olio e nel 1999 acquista un vecchio frantoio a Vetralla. Come mastro oleario si impegna nell’attività associativa assumendo l’incarico prima di vicepresidente e poi direttore dell’Associazione Italiana Frantoiani Oleari (AIFO). Con sua moglie Fabrizia ha pubblicato “Pane e olio. guida ai frantoi artigiani” e “Fuga dalla città”.

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